L’annuncio enfatico della National Ignition Facility che l’esperimento faraonico per la produzione di energia attraverso il metodo della fusione nucleare usando isotopi di idrogeno era perfettamente riuscito. Dalla notizia scarna è cominciato a discendere un concentrato di entusiasmo giornalistico fatto di affermazioni palesemente avventate, peana per un’energia inesauribile, pulita, a disposizione in natura; esaltazione per la tecnologia fantascientifica… Sarà per l’origine della ricerca avviata con fondi militari statunitensi, sarà perché la mancanza di descrizione precisa – a livello di media mainstream – ci faceva presumere che potesse non essere così facile l’ottenimento di grandi approdi in tempi brevi e abbiamo sentito il bisogno di un approccio scientificamente serio. «Diciamo che, per andare abbastanza sul sicuro, saranno i nascituri di questo decennio che potranno iniziare a beneficiare di questo tipo di energia che, a differenza di quanto si dica, non è né pulita né priva di scorie radioattive». Piergiorgio @Pescali, scienziato e ricercatore, ci ha permesso di fare il punto evitando facili eccitazioni, riconoscendo quali fossero in realtà i successi reali dell’esperimento e quanto lavoro rimanga da fare: ha pubblicato su “Avvenire” un articolo molto scientifico in cui l’annuncio di Granholm dà comunque un nuovo impulso alla ricerca sulla fusione nucleare, in particolare nel settore privato, monopolizzato da industrie statunitensi. Siamo però ancora molto lontani dal vedere il paradiso energetico. Per questo gli abbiamo posto alcune questioni relative al confronto tra i due approcci al nucleare (fusione o fissione), se permane una qualche potenziale nocività e i livelli di radiazioni e di gas reflui emessi nel processo di fusione; se possa rappresentare un problema l’enorme spazio richiesto dalle apparecchiature per far confluire il raggio dei laser sull’obiettivo, e se non esistano metodi alternativi con la medesima (o maggiore efficacia), quale per esempio quello europeo: Iter per esempio adotta il confinamento magnetico contrapposto a quello inerziale del Nif. Pescali anche in questa intervista, da scienziato, ribadisce che uno dei principali problemi che oggi impegna i suoi colleghi è trovare un materiale che possa resistere all’impatto continuo di neutroni altamente energetici prodotti dalla fusione senza fare uso di prodotti contenenti carbonio, che reagirebbe con il trizio. Insomma: «Le ottime notizie giunteci dal Nif, cambiano comunque poco lo stato delle cose nella ricerca della fusione nucleare». E allora abbiamo posto ulteriori domande e Piergiorgio Pescali ha saputo spiegarci potenziali livelli di nocività, materiali usati per produrre apparecchiature e anche materiali da cui ottenere l’energia – da andare a prendere là dove c’è, magari sulla luna come nei programmi cinesi, e da collocare nell’ hohlraum (la cavità cilindrica in cui è contenuta la capsula con la miscela di nuclei che saranno sottoposti a fusione); analisi su modalità e luoghi di accaparramento; valutazioni su una soddisfacente produzione e su quale potrebbe essere la nuova migliore tecnologia… ma anche visioni spaziali, seppure collocate in un’epoca che vedranno protagoniste le generazioni future, con quelle cinesi in pole position.
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