Cala un sipario plumbeo sull’Artsakh
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Cala un sipario plumbeo sull’Artsakh https://ogzero.org/tag/nagorno-karabakh/ Il Blitzkrieg è scattato alle porte dell’inverno, quando non si può perdere il gas di Baku, è avvenuto a un paio di giorni dal...
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Il Blitzkrieg è scattato alle porte dell’inverno, quando non si può perdere il gas di Baku, è avvenuto a un paio di giorni dal giorno dell’indipendenza dell’Armenia dall’Unione sovietica; il giorno dopo la fine dell’esercitazione congiunta con gli Usa, voluta fortemente come provocazione all’ex protettore russo che dalla rivoluzione di velluto ha avuto la scusa per non aiutare l’ARMENIA e anzi continuare a vender più armi all’AZERBAIJAN che a Erevan. Ma la preparazione risaliva ad alcuni mesi fa, quando il regime azero ha bloccato il corridoio che univa STEPANAKERT, all’Armenia riducendo alla fame la popolazione dell’esclave.
Baku poi può contare sull’appoggio incondizionato della Turchia, per ragioni interne, di collegamenti e di infrastrutture; ISRAELE poi usa gli azeri come base per colpire l’Iran e per collaudare sistemi di “Difesa”. Mentre l’IRAN che è sempre stato a favore dell’Armenia la sostiene solo diplomaticamente e non potrà mai intervenire militarmente a difenderla.
Già 7000 profughi e una pulizia etnica reale in atto sono il risultato a due giorni dalla capitolazione dell’esercito dell’ARTSAKH, ma i leader cristiani (comprese le donne che si chiamano Giorgia) non si inimicano il musulmano gas azero, né le partite di armi comprate dal feroce regime di ILHAM ALIYEV, che ora cercherà nuovi motivi per rinfocolare il nazionalismo identitario che ha mantenuto la dinastia al potere per quasi sessant’anni.
E questa potrebbe essere l’altra esclave azera al confine turco nel Sudovest, che sarebbe un bel trofeo anche per ERDOĞAN, il quale così conterebbe su corridoi ininterrotti da stati non allineati con l’area di influenza del neottomanesimo e aggiungerebbe chilometri di confine con i fratelli azeri
Per NIKOL PASHINYAN è rischioso il momento: infatti la gente in piazza urla traditore e assassino a lui – non a PUTIN – e in effetti non poteva che abbozzare, sapendo che qualsiasi pretesto avrebbe permesso a Baku di incidere più profondamente in territorio armeno; il rischio adesso è perdere proprio l’Armenia, non solo l’Artsakh (una guerra persa ben prima del 2020). D’altro canto il pil armeno è stato positivo in questi anni e il presidente armeno può sperare che la disfatta ascrivibile in parte ai suoi errori, ma anche a quelli che i suoi predecessori hanno fatto nei trent’anni di controllo del NAGORNO KARABAKH.
Rimane la situazione delle genti armene, maggioranza nella zona di STEPANAKERT, costrette a sottomettersi per non lasciare le case avite, le tombe di famigliari, la storia di generazioni, assoggettandosi a un regime fascista e ostile in modo razzista alla comunità armena; oppure scappare senza sapere quale terra possa accoglierli. Nemmeno nella ormai odiata Erevan che li ha abbandonati potranno piantare nuove radici e i tanti attori internazionali che dovevano sostenere la causa armena non si inimicherebbero certo le risorse di Baku, ospitando la nuova diaspora armena.
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