CALCIOMERCATO, STOP DECRETO CRESCITA, SE LA MELONI FA UNA COSA DI SINISTRA…. A me la notizia che il famigerato Decreto Crescita abbia sbattuto finalmente le porte in faccia al calcio e bruciato il prossimo calciomercato, negando la possibilità che si possano tagliare vergognosamente le tasse a Lukaku e compagnia, sembra una gran bella, speranzosa notizia. E invece vedo un grande stracciar di vesti, leggo e sento di guaìti di dolore e gridare al tradimento al calcio, che così si trova più scoperto alla concorrenza e meno in grado di attrarre campioni in Serie A. Dove non siamo in condizione di offrire le stesse paghe della Premier League e pertanto ci vuole l’aiuto di stato. Un bonus che salvi il calcio, favorendo spudoratamente giocatori e club stessi con un cospicuo taglio di tasse. Un privilegio tra i tanti privilegi di cui i calciatori già godono. Di questo stop al fisco di favore se ne lamentano non solo i calciatori e soprattutto i club, che sarebbero stati i più beneficiati dal provvedimento, in quanto i giocatori si preoccupano solo dell’ingaggio netto e il costo del lordo ricade invece per intero sulle società, ma addirittura i media stessi che lo commentano negativamente e che trovano mille motivazioni per sostenere quella che è una palese ingiustizia. Siamo al punto infatti che la logica industriale, prevale sulla giustizia sociale. Per cui si trova accettabile che un maxi sconto fiscale agevoli un calciatore di gran nome e non un maestro o maestra di scuola, un operaio, un’infermiera o un medico d’ospedale, una poliziotta o una professoressa universitaria, una ricercatrice o un bibliotecario. Tutto secondo logica ed opportunismo e soprattutto capacità di incidere sull’accettazione pubblica semplicemente perché si è in grado di fare gol o si gioca in una squadra di grande tradizione e milioni di tifosi. I club sono “influencer” potentissimi e hanno solide radici dentro i media. “Che cos’è la destra e cos’è la sinistra?” direbbe Giorgio Gaber. La cosa assolutamente singolare, strana, beffarda di questa storia è che un governo di destra, che già di favori e favoritismi ne ha fatti a tanti, fa una cosa diciamo di sinistra. Chiudendo un clamoroso buco di ingiustizia sociale, per cui un campione di calcio paga meno tasse di un impiegato, solo perché è famoso ed è un idolo popolare. Nanni Moretti lo avrebbe invocato da D’Alema e non se lo sarebbe certo aspettato certo da Meloni. Probabilmente è questo che ha fatto saltare gli schemi.
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