Gianfranco Stevanin – Il Collezionista di cadaveri (Parte 2)

Dec 13, 2024 · 12m 41s
Gianfranco Stevanin – Il Collezionista di cadaveri (Parte 2)
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Stagione 1 🎧 Episodio 20: Gianfranco Stevanin – Il Collezionista di cadaveri (Parte 2) Diamo inizio alla seconda parte dell’episodio sul serial killer Gianfranco Stevanin. Il 3 luglio 1995, un...

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Stagione 1 🎧 Episodio 20: Gianfranco Stevanin – Il Collezionista di cadaveri (Parte 2)

Diamo inizio alla seconda parte dell’episodio sul serial killer Gianfranco Stevanin.


Il 3 luglio 1995, un agricoltore di Terrazzo scoprì in un fosso di via Pegorare, nei pressi della casa di Stevanin, un sacco contenente i resti di un cadavere. Si trattava del tronco di una giovane donna.
Gianfranco Stevanin, al momento sotto custodia per violenza sessuale, fu immediatamente sospettato di omicidio, spingendo il magistrato a ordinare l’uso di ruspe per cercare ulteriori corpi. 
Il 12 novembre dello stesso anno venne trovato un altro cadavere, anch’esso avvolto in un sacco, questa volta in un terreno di proprietà di Stevanin. 
Era stato avvolto in così tanto cellofan da sembrare una mummia.

Le analisi del DNA confermarono che si trattava di Biljana Pavlovic, una cameriera di origine serba, di 25 anni, residente ad Arzignano, scomparsa ad agosto. 

Il 1º dicembre, in un’altra fossa, adiacente al casolare di Stevanin, fu rinvenuto un terzo corpo: quello della veronese Claudia Pulejo, una giovane tossicodipendente residente a Legnago.

Durante gli interrogatori, Stevanin alternava momenti in cui sembrava ricordare i fatti, a improvvisi ripensamenti, dichiarando di soffrire di vuoti di memoria. 
Gli furono inoltre attribuiti gli omicidi di Roswitha Adlassnig, una prostituta austriaca scomparsa da mesi e inclusa nel suo schedario e nei negativi di alcune fotografie non ancora sviluppate e sequestrate dagli inquirenti, e di un’altra donna mai identificata, immortalata in scatti che la ritraevano apparentemente senza vita durante un rapporto sessuale.

Il 19 luglio 1996, Stevanin decise di confessare, dichiarando di aver smembrato i corpi di quattro donne. Tuttavia, sostenne che gli omicidi non erano stati premeditati, spiegando che le vittime sarebbero morte durante rapporti sessuali estremi o, nel caso di Claudia Pulejo, a causa di un’overdose di eroina. 

In merito al cadavere non identificato, affermò che apparteneva a una studentessa di cui non ricordava né il nome né il volto, sostenendo di averla incontrata soltanto tre o quattro volte. Durante le sue dichiarazioni, Stevanin descrisse le sue azioni come se fossero avvenute in uno stato di incoscienza, paragonandole a sogni in cui non aveva piena consapevolezza di ciò che stava facendo.

Deciso, finalmente, a collaborare, il 20 settembre 1996, Stevanin accompagnò gli investigatori lungo i fossi tra le province di Verona e
di Padova, indicando luoghi dove ricordava di aver gettato pezzi di corpo.
Di tanto in tanto, la memoria vacillava…

Dopo circa un anno, il 12 giugno 1997, in un canale di Merlara, in provincia di Padova, venne ripescata una coscia femminile.
Le analisi del DNA confermarono che apparteneva allo stesso corpo di cui era stato ritrovato il tronco di
scheletro il 3 luglio 1995. Si trattava, dunque, di una donna, molto probabilmente minorenne e di origine asiatica, mai identificata. Stevanin sostenne, ancora una volta, che la donna era morta durante un rapporto sessuale.


Il 23 luglio 1997, inoltre, un cadavere di donna ripescato a Piacenza d'Adige il 31 luglio 1994 venne finalmente identificato come quello di Blazenka Smoljo, prostituta croata di 24 anni: Stevanin ammise che la donna morì tra le sue braccia durante un atto di sesso estremo ai primi di luglio 1994.


🎧 Processo e condanna

Dopo numerose sedute per una perizia psichiatrica, Gianfranco Stevanin fu giudicato processabile e ritenuto pienamente capace di intendere e volere. Gli esperti conclusero che fosse mentalmente lucido, piuttosto intelligente, con un quoziente intellettivo di 114, e un abile calcolatore. Tuttavia, i periti della difesa contestarono questa valutazione, sostenendo che i disturbi di Stevanin fossero conseguenza dell’incidente in moto del 1976, una tesi che lo stesso imputato confermò. Durante le sedute, Stevanin si presentava con la testa rasata per mettere in evidenza la vistosa cicatrice che, secondo la difesa, testimoniava l’impatto alla testa e spiegava il suo comportamento violento.

Il 28 gennaio 1998, la Corte d’Assise di Verona condannò Stevanin all’ergastolo, con tre anni di isolamento diurno. Nel gennaio 1999, vendette la casa e i terreni di sua proprietà per risarcire parzialmente le famiglie delle vittime. Tuttavia, il 7 luglio dello stesso anno, la Corte d’Assise d’Appello di Venezia lo assolse dall’accusa di omicidio, ritenendolo incapace di intendere e volere, e lo condannò a 10 anni e mezzo di carcere per occultamento e vilipendio di cadavere. Questa sentenza fu annullata dalla Corte di Cassazione per «illogica motivazione», rinviando il caso a una nuova sezione d’appello.

Nel dicembre 2000, mentre si trovava nell’ospedale psichiatrico giudiziario, Stevanin fu gravemente ferito al collo con una lametta da un altro detenuto. La sentenza definitiva arrivò il 23 marzo 2001, quando la Corte d’Appello di Venezia stabilì nuovamente che Stevanin era capace di intendere e volere, confermando così la condanna all’ergastolo, poi ratificata anche dalla Corte di Cassazione.

Stevanin fu inizialmente rinchiuso nel carcere di Sulmona, in Abruzzo, dove salvò la vita del suo compagno di cella in due tentativi di suicidio. In seguito fu trasferito al carcere di Opera e poi a quello di Bollate. Durante la detenzione si diplomò in ragioneria, si dedicò al volontariato e assunse il ruolo di rappresentante dei detenuti.

Il 1º settembre 2010, Stevanin dichiarò alla stampa di non ricordare nulla degli omicidi e manifestò l’intenzione di diventare frate francescano laico, ispirato anche dalla morte della madre. Paragonò il proprio caso a quello di Alessandro Serenelli, l’assassino di Santa Maria Goretti, che si era poi avvicinato alla vita consacrata. Tuttavia, ritrattò questa decisione quando il maresciallo che aveva indagato sui suoi crimini lo invitò a confessare tutti i nomi delle vittime e a indicare i luoghi in cui erano stati dispersi i resti.

Nell’ottobre 2020, il legale di Stevanin annunciò la richiesta di una nuova perizia psichiatrica e di misure alternative alla detenzione, riaprendo il dibattito sul suo stato mentale e sul percorso detentivo.



🎧 Profilo psicologico di Gianfranco Stevanin

Gli esperti che studiarono Stevanin delinearono un profilo complesso e profondamente disturbato:
1. Disturbo di personalità antisociale: Mancanza di empatia e totale disinteresse per il dolore altrui.
2. Sadismo sessuale: Derivava piacere nel dominio e nella sofferenza delle sue vittime.
3. Feticismo e controllo: Conservava oggetti delle vittime per mantenere un legame simbolico con i suoi crimini.
4. Impulsività disorganizzata: Sebbene mostrasse una certa pianificazione, l’occultamento dei corpi era caotico, riflettendo una personalità impulsiva.


Il caso del serial killer Stevanin sollevò un dibattito sulla questione dell'incapacità di intendere e volere.

Quando aveva 16 anni fu vittima di un incidente in motorino. Andò a schiantarsi, infatti, contro una moto che viaggiava a fari spenti e riportò un grave trauma cranico.

Dopo essere stato ricoverato in ospedale in coma a causa del trauma cranico, si riprese nel giro di alcuni giorni. Tuttavia, l’incidente gli lasciò segni permanenti: una vistosa cicatrice semicircolare che si estendeva dalla fronte all’orecchio destro e vari disturbi, tra cui la perdita dell’olfatto, forti emicranie e crisi epilettiche. Poco tempo dopo, decise di abbandonare gli studi, già compromessi da una bocciatura in prima superiore presso l’istituto per periti elettronici, e iniziò a lavorare come bracciante agricolo per il padre. Alternava un atteggiamento riservato e cortese a comportamenti da fanfarone, distinguendosi per il suo abbigliamento elegante e per le frequentazioni con numerose ragazze diverse.





🎧 Eredità e impatto sulla società

Il caso di Gianfranco Stevanin lasciò un segno indelebile nella cronaca nera italiana e alimentò il dibattito sulla prevenzione di disturbi mentali estremi e la protezione delle persone vulnerabili.

Stevanin è oggi ricordato come uno dei serial killer più disturbanti della storia italiana. Le sue vittime, seppur spesso dimenticate, rappresentano un monito per la necessità di maggiore attenzione sociale e istituzionale verso chi è più esposto a rischi.

🎧 Conclusione

Gianfranco Stevanin ha incarnato il lato più oscuro della psiche umana, dimostrando come traumi irrisolti e pulsioni incontrollate possano sfociare in violenza estrema. Ma dietro ogni crimine ci sono vite umane spezzate, storie che meritano di essere ricordate.


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Author Marcella Boccia
Organization Marcella Boccia
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