Il cielo dietro l’orizzonte ovvero tutte le donne di se’
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Description
Si rifugiava spesso in quella piccola casa in pietra che l’aveva vista bambina e nella quale suo padre aveva trascorso gli ultimi anni di vita. Non era facile raggiungerla a...
show moreLa caratteristica principale di quel luogo era il silenzio rotto soltanto dalla maestosità della natura fatta di vento e del canto lacerato dei cervi in amore, mentre in alto quasi come in una stasi dinamica trionfavano le poiane con il loro volo.
La sua camera era intima e deliziosa come una bomboniera e sulla parete davanti al letto lei si divertiva a scrivere frasi d’amore, pensieri, citazioni. Il suo diario murale.
In effetti era il suo rifugio quando desiderava stare sola e quando le maree creative la inondavano. Era in quei momenti che chiudeva ogni forma di comunicazione con le persone, anche quelle a lei care, perché solo sola con se stessa poteva dare sfogo al suo estro artistico.
Mentre inseriva la chiave per aprire i pesanti portelloni verdi lei ripensava alla scelta che aveva fatto di trascorrere lì un lungo fine settimana. Erano giorni infatti che rimuginava sulle sue foto, sui bianconeri che riusciva ad ottenere, e quanto essi escludessero la vasta scala dei grigi.
Il suo bianconero infatti era spesso crudo, severo, ricco di contrasti con profondi neri e bianchi che, solo apparentemente bruciati, non offrivano spazio alla varietà delle tonalità cenerine.
In realtà essi erano azzerati da un gioco grafico e da un rigore che non accoglieva tonalità intermedie.
Ah, realtà della fotografia!! Quante volte ci aveva pensato!, ma niente di quello che in quel momento stava vivendo poteva farle credere alla realtà della fotografia quale
verità dell'attimo rubato.
E questo le piaceva e rafforzava sempre
di più il suo pensiero su quanto la fotografia fosse movimento interiore e
spinta interpretativa di una realtà percepita.
Ed ecco che l’immagine fotografica assumeva in
lei la forma di una soggettività che le era cara, così come le era
dolce e gradito concepire la dimensione intima della fotografia
filtrata da sentimenti e sensibilità.
Lavorava fotograficamente spesso su se stessa, il concetto che voleva approfondire e che suscitava il suo interesse prendeva forza nella narrazione fotografica dell'universo femminile nel tentativo di raccontare la Donna attraverso il proprio Essere.
Quella mattina nella sua piccola casa stava cercando il posto giusto per poter fare nuove scoperte di sé e la macchina fotografica le stava vicino rimandandole la sua immagine come uno specchio.
Nei suoi pensieri risuonavano le parole di Frida Kahlo
“Dal momento che i miei soggetti sono sempre stati le mie sensazioni, i miei stati mentali e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me, ho di frequente oggettivato tutto questo in immagini di me stessa, che erano la cosa più sincera e reale che io potessi fare per esprimere ciò che sentivo dentro e fuori di me”.
Ecco quindi il suo svelamento, il prendere in mano la manifestazione della molteplicità di Io che la abitavano e la sorprendevano insieme.
Trovò la giusta posizione nel vano della porta della sua camera proprio davanti alla terrazza dalla quale filtrava una potente luce.
Una posizione quasi vitruviana che la riprendeva all’interno dalle spalle per proiettarla fuori in un controluce aggressivo e deformante.
Un autoscatto che mirava alla ricerca dell’invisibile reale.
Alla ricerca rappresentativa di tutte le donne in lei.
Si, di quell’universo femminile che come lei era stato amato, odiato, vissuto, abbandonato, sorridente, gioioso e sofferente insieme.
Lei in quel momento, attraverso l’immagine scolpita del suo corpo rappresentava la forza delle donne nei loro racconti di vita, nelle trame della loro energia e della loro fragilità, della sensualità presente nelle storie dei loro amori, della felicità e dei dolori nel tentativo di diventare persone più forti e serene, capaci di vivere ogni relazione nella sua pienezza senza rinunciare a sé stesse.
E mentre ancora la macchina fotografica, posizionata su cavalletto e azionata tramite un dispositivo tenuto in mano continuava a scattare lei si domandava se fosse veramente quello l’orizzonte che vedeva in controluce, o se fosse invece uno spazio nascosto, una notte interiore su un cielo insondabile.
Uno scenario affollato di tracce.
Le donne che lei rappresentava, tanto vive da farsi ritmi e avvenimenti interiori, andavano e venivano regalandole la loro offerta e restituendole in cambio una perdita che altro non era se non la possibilità e la ricchezza di ritrovare se stessa.
Il tentativo di ricercare solo la sua presenza sé.
Ecco il motivo del suo scatto in quel momento.
Iniziò a cantare Le note della canzone dell’amore perduto, aria di neve, te lo leggo negli occhi . . . insieme alla voce di Battiato e poi iniziò a ballare davanti alla luce, finalmente consapevole che la sua espressione quotidiana avrebbe potuto parlare a chi avrebbe saputo leggere e ascoltare..
E avrebbe parlato di fiducia, di rispetto, di dialogo, di mistero e di svelamento. Quello suo. Quello di ogni donna.
Ripensò ai suoi cari e, con fare e incedere sicuro, chiuse quella luce dietro la finestra di camera, velocemente girò la chiave in senso antiorario nei portelloni dell’ingresso questa volta per uscire dal suo piccolo rifugio e, sempre cantando, salì in macchina.
Anche la strada bianca era bella in quel momento.
E il suo ritorno a casa per i suoi cari sarebbe stato una sorpresa.
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Author | Paola Camiciottoli |
Organization | Paola Camiciottoli |
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