La cicala e formica
Dec 5, 2018 ·
2m 59s
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Description
In una calda estate, un’allegra cicala cantava sul ramo di un albero, mentre sotto di lei una lunga fila di formiche faticava per trasportare chicchi di grano. Fra una pausa...
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In una calda estate, un’allegra cicala cantava sul ramo di un
albero, mentre sotto di lei una lunga fila di formiche faticava per
trasportare chicchi di grano.
Fra una pausa e l’altra del canto, la cicala si rivolge alle
formiche: “Ma perché lavorate tanto, venite qui all’ombra a
ripararvi dal sole, potremo cantare insieme!”
Ma le formiche, instancabili, senza fermarsi continuavano il loro
lavoro…
“Non possiamo! Dobbiamo preparare le provviste per l’inverno!
Quando verrà il freddo e la neve coprirà la terra, non troveremo
più niente da mangiare e solo se avremo le dispense piene
potremo sopravvivere!”
“L’estate è ancora lunga e c’è tempo per fare provviste prima che
arrivi l’inverno!
Io preferisco cantare! Con questo sole e questo caldo è
impossibile lavorare!”
Per tutta l’estate la cicala continuò a cantare e le formiche a
lavorare.
Ma i giorni passavano veloci, poi le settimane e i mesi. Arrivò
l’autunno e gli alberi cominciarono a perdere le foglie e la cicala
scese dall’albero ormai spoglio. Anche l’erba diventava sempre
più gialla e rada. Una mattina la cicala si svegliò tutta
infreddolita, mentre i campi erano coperti dalla prima brina.
Il gelo bruciò il verde delle ultime foglie: era arrivato l’inverno.
La cicala cominciò a vagare cibandosi di qualche gambo
rinsecchito che spuntava ancora dal terreno duro e gelato.
Venne la neve e la cicala non trovò più niente da mangiare:
affamata e tremante di freddo, pensava con rimpianto al caldo e
ai canti dell’estate.
Una sera vide una lucina lontana e si avvicinò affondando nella
neve: “Aprite! Aprite, per favore! Sto morendo di fame! Datemi
qualcosa da mangiare!” La finestra si aprì e la formica si
affacciò: “Chi è? Chi è che bussa?”
“Sono io, la cicala! Ho fame, freddo e sono senza casa!”
“La cicala?! Ah! Mi ricordo di te! Cosa hai fatto durante l’estate,
mentre noi faticavamo per prepararci all’inverno?”
“Io? Cantavo e riempivo del mio canto cielo e terra!”
“Hai cantato?” replicò la formica, “Adesso balla!”
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albero, mentre sotto di lei una lunga fila di formiche faticava per
trasportare chicchi di grano.
Fra una pausa e l’altra del canto, la cicala si rivolge alle
formiche: “Ma perché lavorate tanto, venite qui all’ombra a
ripararvi dal sole, potremo cantare insieme!”
Ma le formiche, instancabili, senza fermarsi continuavano il loro
lavoro…
“Non possiamo! Dobbiamo preparare le provviste per l’inverno!
Quando verrà il freddo e la neve coprirà la terra, non troveremo
più niente da mangiare e solo se avremo le dispense piene
potremo sopravvivere!”
“L’estate è ancora lunga e c’è tempo per fare provviste prima che
arrivi l’inverno!
Io preferisco cantare! Con questo sole e questo caldo è
impossibile lavorare!”
Per tutta l’estate la cicala continuò a cantare e le formiche a
lavorare.
Ma i giorni passavano veloci, poi le settimane e i mesi. Arrivò
l’autunno e gli alberi cominciarono a perdere le foglie e la cicala
scese dall’albero ormai spoglio. Anche l’erba diventava sempre
più gialla e rada. Una mattina la cicala si svegliò tutta
infreddolita, mentre i campi erano coperti dalla prima brina.
Il gelo bruciò il verde delle ultime foglie: era arrivato l’inverno.
La cicala cominciò a vagare cibandosi di qualche gambo
rinsecchito che spuntava ancora dal terreno duro e gelato.
Venne la neve e la cicala non trovò più niente da mangiare:
affamata e tremante di freddo, pensava con rimpianto al caldo e
ai canti dell’estate.
Una sera vide una lucina lontana e si avvicinò affondando nella
neve: “Aprite! Aprite, per favore! Sto morendo di fame! Datemi
qualcosa da mangiare!” La finestra si aprì e la formica si
affacciò: “Chi è? Chi è che bussa?”
“Sono io, la cicala! Ho fame, freddo e sono senza casa!”
“La cicala?! Ah! Mi ricordo di te! Cosa hai fatto durante l’estate,
mentre noi faticavamo per prepararci all’inverno?”
“Io? Cantavo e riempivo del mio canto cielo e terra!”
“Hai cantato?” replicò la formica, “Adesso balla!”
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