La narrazione sovranista e la spaccatura della socetà tunisina
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show moreUn sovranismo legato al fondamentalismo e al contesto locale del paese maghrebino, questa la lettura offertaci da @AriannaPoletti, che propone un nuovo sguardo che allontani dal nostro approccio criteri filosofico-politici non in grado di inquadrare la percezione della comunità tunisina attorno all’effettivo livello di autocrazia o democratura di Saïed, per sostituirli con altri che consentano di analizzare il consenso di cui può godere il presidente tunisino – anche considerando cosa si trova ad affrontare quel laboratorio socio-politico che si è visto quanto la Tunisia incarni fin dal 2011. Infatti persino il sindacato locale appoggia la scelta di Saïed di non accedere all’aiuto del Fmi (che come sempre chiede riforme impopolari e distruttive), il quale giudica sufficiente la ricchezza che può derivare dai fosfati per affrontare la crisi economica mostruosa – senza considerare le proteste del Sud del paese, dove si producevano, né del problema ambientale che producono ad Adez, da dove in maggioranza si fugge. Questo avviene nonostante la dichiarazione razzista sulla sostituzione etnica di febbraio (e all’approccio al problema migratorio, che significa comunque un guadagno economico proveniente dall’Europa: l’unico ministero il cui budget è aumentato in Tunisia è quello dell’Interno dal 2011 a oggi), o l’accentramento di potere dispiegato in questi mesi, che vede solo ultimamente l’incarcerazione del direttore di Mosaïque – emittente libera da pastoie governative –, o all’opposto quella di Gannouchi, leader del partito confessionale di Hennada (e contro la fratellanza musulmana)… fino al caso emblematico del libro satirico sequestrato alla Fiera del libro di Tunisi (e poi comprato platealmente dallo stesso Saïed). Per cercare di cogliere da cosa sia mossa l’opinione pubblica tunisina ci siamo rivolti a Arianna Poletti.
La reazione impermeabile della società civile va in parte desunta dal fatto che il decennio dopo la cacciata di Ben Ali alimenta l’indignazione derivante dalla corruzione massiva che lo ha caratterizzato (in collusione con il parlamento), non distinguendosi dal trentennale regime del rais. In questa notte buia dove tutti i gatti sono bigi grazie all’applicazione dell’articolo 54 finiscono in carcere giornalisti, dissidenti, avvocati, oppositori, visto che le porte in ingresso del carcere sono spalancate per accogliere i corrotti in una sorta di operazione Mani Pulite. Ma soprattutto bisogna dare conto della spaccatura che si è scavata tra chi aderisce al Progetto della Grande Nazione, ribadito ancora sulla tomba di Bourguiba – un riferimento costante, anche alle sue politiche, non solo al nazionalismo irredentista che ha rappresentato –, e chi invece avversa la narrazione di un paese minacciato da potenze straniere.
Questo si correla a quel comune sentimento antifrancese di un po’ tutta la Françafrique che da sempre è molto intenso in Tunisia, dunque facilmente rinfocolabile a comando (ed estendibile come un incendio che attraversa tutti i confini tracciati dal colonialismo), e va a suffragare una ipotizzabile adesione a un nuovo sistema economico di riferimento, alternativo a Fmi e dollari, inserendo anche al Tunisia nel processo di dedollarizzazione, forse collegabile anche al tentativo di riaddensare una Lega araba forte: anche se in questi giorni si rilancia l’idea di una Lega araba sotto l’egida saudita, le perplessità provengono dal fatto che Riyadh sta cercando di uscire dal petrolio, ma per ora la sua idea di base economica estrattivista fa il paio con quella sicuramente fallimentare di Saïed rispetto ai fosfati.
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