No “Mena” Land: lo strame di 30 anni di proxy war in MO
Apr 5, 2024 ·
27m 26s
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Description
Il laicismo è finito ma anche le religioni non stanno tanto bene https://ogzero.org/regione/mediterraneo/ Con Lorenzo Forlani abbiamo tentato di fare il punto sulla guerra mediorientale tra Iran e Stato ebraico...
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Il laicismo è finito ma anche le religioni non stanno tanto bene
https://ogzero.org/regione/mediterraneo/
Con Lorenzo Forlani abbiamo tentato di fare il punto sulla guerra mediorientale tra Iran e Stato ebraico che si manifesta nell’eccidio di Gaza e nella guerra navale – e non solo – yemenita: l’impunità dello Stato ebraico a cui è permesso di violare palesemente il Diritto internazionale, mentre la sfida houthi è trattata come un problema securitario per il commercio globale senza comprendere le istanze che provengono da quella stampella del regime iraniano. La logica di “attesa attiva” nel genocidio perseguita da Netanyahu si iscrive in una tattica di provocazione del fronte avverso e di mantenimento del potere in virtù della condizione di guerra, finché a Washington si avvicenderanno amministrazioni più amichevoli – pare che Biden non sia intervenuto con la sufficiente forza per bloccare il sogno fascista degli alleati ultraortodossi di Netanyahu ed espressione dei coloni del premier israeliano, che se non vuole finire in galera deve assecondare il delirio sionista.
L’avversario dello Stato ebraico è evidente che è incarnato dall’Iran e dai suoi proxy a cui finora ha demandato il contrasto che proviene dal bisogno di controllare l’area: con gli arabi sunniti funzionano gli accordi commerciali e di collaborazione –anche militare – invece la mezzaluna sciita orchestrata dai pasdaran iraniani è una sorta di “cintura di fuoco”, che assedia Israele. Contro Hezbollah, Houthi, Hamas l’Idf sta sperimentando i sistemi di guerra più sofisticati per completare l’azione volta a sgomberare il campo delle realtà intermedie (Iraq, Siria, Libano) e arrivare allo scontro aperto con gli ayatollah – non (ancora) forza nucleare – senza recedere di fronte a risultati incontrollati che possono venire rubricati come “genocidio” e “crimini di guerra”; a quelle milizie Teheran demanda la risposta sul piano bellico, anche di fronte a palesi violazioni del diritto internazionale e aggressioni provocatorie ma l’attacco all’ambasciata di Damasco – territorio iraniano – prevederebbe una risposta diretta e proporzionata, in più ci han perso la vita i vertici dei Pasdaran; ma sono gli stessi militari che cercano di evitare lo scontro aperto con Israele. Tel Aviv invece considera che sia il momento giusto per cancellare la minaccia iraniana a qualunque costo, dato il momento storico e il rapporto di forza?
Questo può portare al coinvolgimento non ufficiale di paesi terzi, che cercano di non venire investiti dalla guerra: Lorenzo Forlani ci fa capire come la stanchezza e il timore delle popolazioni civili sia improntata al disincanto e al fastidio, alla rimozione e all’allontanamento delle dispute, sperando che si limitino a risolverla tra milizie e Tsahal, lasciando in pace la già stremata società di Beirut, o la martoriata Siria. E infatti il racconto del coinvolgimento della mezzaluna sciita prende le mosse dall’errore americano con l’aggressione dell’Iraq di Saddam… che ha creato mille frange di gruppi filoiraniani che si spartiscono il territorio iracheno attraverso quella che Forlani individua perfettamente nella diplomazia parallela che fa riferimento alle scuole religiose tra Qom e Najaf, andando a completare la mezzaluna sciita al centro degli incubi israeliani.
E anche nelle sue logiche regionali “all-in” produce gli incubi dei civili libanesi (prossima vittima sacrificale?) con l’ossessione strumentale di estirpare i gruppi armati filoiraniani, pur sapendo che è strumentale, perché non è possibile estinguere per via militare l’insorgenza ideologicamente portatrice di istanze politiche precise in una riedizione dell’Undici Settembre a cui non erano stati posti dei limiti a operare la propria vendetta da parte degli americani. Anche se non si avverte più un sostegno a Hezbollah così sostanzioso come quando le milizie di Nasrallah erano riuscite a respingere l’esercito israeliano; anzi l’insofferenza si sta espandendo con il rifiuto dello stato di guerra permanente. Il ricambio di manodopera di carne da cannone è assicurato quanto invece la popolazione civile mira a difendersi da milizie clerico-conservatrici e da nazioni fascio-stragiste.
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Con Lorenzo Forlani abbiamo tentato di fare il punto sulla guerra mediorientale tra Iran e Stato ebraico che si manifesta nell’eccidio di Gaza e nella guerra navale – e non solo – yemenita: l’impunità dello Stato ebraico a cui è permesso di violare palesemente il Diritto internazionale, mentre la sfida houthi è trattata come un problema securitario per il commercio globale senza comprendere le istanze che provengono da quella stampella del regime iraniano. La logica di “attesa attiva” nel genocidio perseguita da Netanyahu si iscrive in una tattica di provocazione del fronte avverso e di mantenimento del potere in virtù della condizione di guerra, finché a Washington si avvicenderanno amministrazioni più amichevoli – pare che Biden non sia intervenuto con la sufficiente forza per bloccare il sogno fascista degli alleati ultraortodossi di Netanyahu ed espressione dei coloni del premier israeliano, che se non vuole finire in galera deve assecondare il delirio sionista.
L’avversario dello Stato ebraico è evidente che è incarnato dall’Iran e dai suoi proxy a cui finora ha demandato il contrasto che proviene dal bisogno di controllare l’area: con gli arabi sunniti funzionano gli accordi commerciali e di collaborazione –anche militare – invece la mezzaluna sciita orchestrata dai pasdaran iraniani è una sorta di “cintura di fuoco”, che assedia Israele. Contro Hezbollah, Houthi, Hamas l’Idf sta sperimentando i sistemi di guerra più sofisticati per completare l’azione volta a sgomberare il campo delle realtà intermedie (Iraq, Siria, Libano) e arrivare allo scontro aperto con gli ayatollah – non (ancora) forza nucleare – senza recedere di fronte a risultati incontrollati che possono venire rubricati come “genocidio” e “crimini di guerra”; a quelle milizie Teheran demanda la risposta sul piano bellico, anche di fronte a palesi violazioni del diritto internazionale e aggressioni provocatorie ma l’attacco all’ambasciata di Damasco – territorio iraniano – prevederebbe una risposta diretta e proporzionata, in più ci han perso la vita i vertici dei Pasdaran; ma sono gli stessi militari che cercano di evitare lo scontro aperto con Israele. Tel Aviv invece considera che sia il momento giusto per cancellare la minaccia iraniana a qualunque costo, dato il momento storico e il rapporto di forza?
Questo può portare al coinvolgimento non ufficiale di paesi terzi, che cercano di non venire investiti dalla guerra: Lorenzo Forlani ci fa capire come la stanchezza e il timore delle popolazioni civili sia improntata al disincanto e al fastidio, alla rimozione e all’allontanamento delle dispute, sperando che si limitino a risolverla tra milizie e Tsahal, lasciando in pace la già stremata società di Beirut, o la martoriata Siria. E infatti il racconto del coinvolgimento della mezzaluna sciita prende le mosse dall’errore americano con l’aggressione dell’Iraq di Saddam… che ha creato mille frange di gruppi filoiraniani che si spartiscono il territorio iracheno attraverso quella che Forlani individua perfettamente nella diplomazia parallela che fa riferimento alle scuole religiose tra Qom e Najaf, andando a completare la mezzaluna sciita al centro degli incubi israeliani.
E anche nelle sue logiche regionali “all-in” produce gli incubi dei civili libanesi (prossima vittima sacrificale?) con l’ossessione strumentale di estirpare i gruppi armati filoiraniani, pur sapendo che è strumentale, perché non è possibile estinguere per via militare l’insorgenza ideologicamente portatrice di istanze politiche precise in una riedizione dell’Undici Settembre a cui non erano stati posti dei limiti a operare la propria vendetta da parte degli americani. Anche se non si avverte più un sostegno a Hezbollah così sostanzioso come quando le milizie di Nasrallah erano riuscite a respingere l’esercito israeliano; anzi l’insofferenza si sta espandendo con il rifiuto dello stato di guerra permanente. Il ricambio di manodopera di carne da cannone è assicurato quanto invece la popolazione civile mira a difendersi da milizie clerico-conservatrici e da nazioni fascio-stragiste.
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Author | OGzero - Orizzonti geopolitici |
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