Pump up the volume. Ovvero, pensieri sparsi sulle coliche della neonata
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7. Pump up the volume. Ovvero, pensieri sparsi sulle coliche della neonata Ci sono dei rumori che infastidiscono Ortensia. Il cane dei vicini quando abbaia mentre lei si addormenta o...
show moreCi sono dei rumori che infastidiscono Ortensia. Il cane dei vicini quando abbaia mentre lei si addormenta o i passi della signora del piano di sopra quando sta chiudendo gli occhi, il click dell'interruttore del nostro bagno, quando viene premuto alla fine della ninna nanna. E lì, chiaramente, non può che scattare quel famoso pianto inconsolabile
dovuto...
dovuto...
dovuto…
dovuto alle misteriose coliche del neonato.
Un dolore intermittente, evidentemente lancinante, che porta questi piccoli a urlare in modo disorganizzato e penoso.
Quando la vedo così, quando sento questo suo pianto e la stringo a me per provare ad aiutarla un po', penso a quanti tipi di dolori, di disagi, ci portiamo appresso, quasi sempre cercando di nasconderli dietro qualche tipo di faccia o di facciata. C’è chi, come me, ha da sempre un’espressione seria e severa senza esserlo davvero; c’è chi si copre con l’ironia; chi non si lascia infastidire dai fatti degli altri per non avere beghe e non dover far uscire parole, commenti, magari esperienze simili a quelle altrui. Ecco, confronto questi urli serali della mia piccola – che ha già compiuto un mese – con le grida interiori di ciascuno di noi. Quante volte lasciamo emergere tutto il nostro malessere, le nostre solitudini, così come i nostri stati di grazia, le vette altissime che ci capita di vivere, nel bene e nel male, in modo così totale e totalizzante? E’ impossibile voltarsi da un’altra parte quando qualcuno piange così (ancora senza lacrime, tra l’altro, perché penso che i dotti lacrimali non siano ancora del tutto sviluppati), al pari di quanto sono irresistibili i primi scoppi di risa di questa “babyna”, che alleggeriscono i nostri pomeriggi. Irresistibili perché assoluti: il volume del suo pianto, l’espressione del suo sorriso, così come quelli di ogni altro neonato o neonata, acchiappano senza scampo. Quando percepisco queste sue e mie emozioni, faccio la conta delle situazioni che, in tempi più o meno recenti, hanno scatenato sentimenti di questa entità. Ognuno può fare nel suo intimo un calcolo del genere e sentirsi così molto più disponibile ad accogliere gli sbalzi emotivi, i disagi, le gioie di un neonato, ma più in generale di ogni individuo capiti a tiro.
Forse è per questo che quando Ortensia accende il volume dei suoi piccoli polmoni e scalda le corde vocali riesco a non perdere la calma. Mica sempre eh. Capitano i momenti neri, scendono delle lacrime silenziose, mi faccio continuamente domande su questa nascita. Ma sono serena nell’accogliere un mondo interiore che difficilmente, in altre fasi della sua vita, emergeranno in modi così netti, per certi versi dolorosi e comunque coinvolgenti. Ho voglia di gridare così pure io, di ridere in modo quasi sguaiato, di far volare anche io qualcuno con i miei sorrisi e di fare male con i miei pianti. Ho voglia di dire, nell’ordine,
alla vicina che i suoi passi sulla mia testa sono fastidiosi,
ai cani del giardino accanto al mio di stare zitti un attimo
a chi disturba, anche inconsapevolmente, che amo il silenzio al pari di una bella musica a volume altissimo. Ho voglia di buttarmi via dalle risate con i miei figli, di emozionarmi in modo totalizzante e di soffrire allo stesso modo.
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Author | Agnese Fedeli |
Organization | Agnese Fedeli |
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