Quanto sei Abituato a Cercare la Felicità? | di Alberto Salis | #6
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QUANTO SEI ABITUATO A CERCARE LA FELICITA'? Molto? Allora forse avrai notato che.... più la insegui, meno la trovi! La ricerca della felicità è un abitudine malsana... un atteggiamento mentale...
show moreMolto? Allora forse avrai notato che.... più la insegui, meno la trovi!
La ricerca della felicità è un abitudine malsana... un atteggiamento mentale di cui soffriamo in molti...
E del quale dobbiamo imparare a disfarci....altrimenti non la assaporeremo mai!
Non dobbiamo condizionarla alla risoluzione di un problema esterno poiché sappiamo che risoltone uno ne sorgerà immediatamente un altro, poi un altro e così via....
La nostra vita è spesso un susseguirsi di momenti cruciali, decisioni, scelte ed ostacoli che ci si presentano davanti al fine di "potenziarci", di farci evolvere e chiarirci quale sia la ragione per cui siamo venuti su questo pianeta. Ognuno di noi ha uno scopo ben preciso, un valore immenso che può apportare al mondo e che ne sia a conoscenza o meno, rimane il fatto che ha tutto ciò già dentro di sé.
Felicità vuol dire allineare sempre di più pensieri ed azioni alla direzione del nostro scopo, della nostra "missione".
F. Nietzche scriveva che "ciò che non ci distrugge ci rende più forti" e penso che un pò tutti conveniamo sul fatto che, ogni volta che ci siamo evoluti, ciò è avvenuto nei momenti di maggior criticità, nei momenti in cui abbiamo tirato fuori dal cilindro risorse che non pensavamo di possedere.
Ogni qual volta ci troviamo dinanzi ad ostacoli che sembrano sassi sul nostro cammino, possiamo decidere se fermarci ed arrenderci oppure usarli per formare "un ponte" che ci permetta di arrivare sull'altra sponda del fiume, ove ci attende la nostra felicità....
Se ci evolviamo e miglioriamo diveniamo più sicuri, più soddisfatti di noi, più realizzati e dunque più felici, dunque è un paradosso evitare gli ostacoli a tutti i costi nella speranza di essere più felici: la vita è fatta di alti e bassi, per cui, se vogliamo essere felici dobbiamo allenarci ad esserlo, allenare la nostra mente, allenare la capacità di scegliere i nostri pensieri e le nostre reazioni agli eventi, indipendentemente da quali vicissitudini affrontiamo: certo, a volte risulterà più facile, a volte meno, ma il grado di difficoltà sarà sempre funzione della preparazione che abbiamo costruito, della "pratica" di felicità che abbiamo coltivato in noi.
Per quanto a volte ci sembri difficile vivere, è bene ricordare che abbiamo già dentro di noi il seme della felicità, come fosse in embrione: proprio per questo è necessario imparare a nutrirla per vivere al meglio, annaffiare il suo seme affinché cresca, prosperi e diventi un albero ben radicato in noi con i rami che si diffondono verso tutte le direzioni e gli aspetti della nostra vita.
Abrahm Lincoln soleva dire che "la maggior parte delle persone è felice nella misura in cui hanno deciso di esserlo"...
M.N. Chappel, noto psicologo affermava che "la felicità è un prodotto delle idee, dei pensieri e degli atteggiamenti che nascono e si sviluppano dalle attività proprie degli individui..."
George B. Shaw affermava che "nessuno, tranne un santo, può essere felice h24 al 100%, tutti i giorni della sua vita in quanto l'assenza di un alternanza fra felicità ed infelicità andrebbe paradossalmente a vantaggio di quest'ultima, rendendoci dunque più infelici che felici....".
Del resto ogni picco di montagna per esistere ha bisogno di una sua valle...
In larga misura, la nostra infelicità dipende dall'abitudine ad avere un certo tipo di reazioni ai fatti ed alle circostanze che ci accadono in quanto è dimostrabile che non possiamo avere il minimo controllo sugli avvenimenti che ci accadono intorno...possiamo influenzarli, certo ma senza garanzia di risultato. Ciò su cui possiamo avere pieno controllo sono le le nostre reazioni agli avvenimenti, una capacità che possiamo affinare, incardinare sempre più nella nostra personalità fino a quando diventerà un abitudine, un approccio ed una lente con cui osserviamo e ci muoviamo nel mondo.
Alcuni di noi pensano che imparare a vedere positivo, che allenare il proprio modo di reagire, positivamente agli eventi sia un modo di "edulcorare" la realtà, non rendendosi conto che sia in positivo o in negativo, ciò che vediamo è sempre una interpretazione della realtà, la nostra interpretazione soggettiva: la differenza sta nell'essere consapevoli di questa nostra scelta, ovvero renderci conto che la stiamo facendo e dunque avere la facoltà di indirizzarla di cambiarla, di renderla utile ai nostri fini o quantomeno a vivere meglio.
L'abitudine a reagire agli eventi con reazioni di "infelicità" si radica in noi dopo che nasciamo, durante l'infanzia e l'adolescenza, in cui per attirare l'attenzione di genitori e persone care impariamo a piangere, ad urlare a farci sentire "bisognosi" e dunque ricevere aiuto ed assistenza.
Tale atteggiamento, protratto per anni e rinvigorito dalle attenzioni che otteniamo, purtroppo ci porta sempre più a credere che sia quello giusto per ottenere ciò che vogliamo dalla vita e per essere felici ma è proprio in quel momento invece che ci stiamo indebolendo, che stiamo delegando la nostra felicità a qualcosa che è all'esterno di noi invece che rivolgere la nostra attenzione all'interno, ove si celano le nostre risorse più preziose...Carl G. Jung soleva spesso ripetere: "chi guarda fuori da sè sogna, mentre chi guarda dentro di sè, si risveglia."
La nostra felicità è dentro di noi ma è spesso prigioniera dei nostri pensieri, che "grida" fra le sbarre delle nostre abitudini malsane: la buona notizia è che abbiamo la chiave per aprire la cella e liberarla, dobbiamo solo usarla...
A presto!
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