Roberto Succo – Il serial killer dagli occhi di ghiaccio

Dec 12, 2024 · 14m 5s
Roberto Succo – Il serial killer dagli occhi di ghiaccio
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Stagione 1 🎧 Episodio 18: Roberto Succo – Il serial killer dagli occhi di ghiaccio Professione: killer! Oggi ci addentriamo nella vita e nella mente di Roberto Succo, un uomo...

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Stagione 1 🎧 Episodio 18: Roberto Succo – Il serial killer dagli occhi di ghiaccio

Professione: killer!
Oggi ci addentriamo nella vita e nella mente di Roberto Succo, un uomo che ha lasciato un segno indelebile nella storia criminale europea.
La sua storia, una combinazione di violenza, follia e disperazione, rivela non solo i crimini ma anche l’inquietante viaggio psicologico di un uomo profondamente disturbato.
In questo episodio scopriremo dettagli inediti sulla sua infanzia, i suoi primi crimini, la fuga dal manicomio criminale, e alcuni episodi che sembrano usciti direttamente da un romanzo dell’assurdo.



🎧 La fuga del Mostro dagli Occhi di Ghiaccio

Roberto Succo, nato il 3 aprile 1962 a Mestre, ha lasciato un segno indelebile nella storia criminale italiana e francese.
Da adolescente viveva con i genitori, Maria e Nazario, in una famiglia apparentemente normale, ma segnata da dinamiche interne altamente disfunzionali.
Suo padre, poliziotto autoritario e severo, imponeva regole ferree, mentre sua madre, casalinga, soffriva di disturbo ossessivo-compulsivo, con richieste incessanti di ordine e pulizia.
Questo ambiente opprimente sembra aver giocato un ruolo importante nello sviluppo dei suoi disturbi.

Fin da piccolo, Roberto mostrò segnali inquietanti di disagio psicologico. Era un bambino solitario, con pochi amici, e passava molte ore immerso nei suoi pensieri. Tra i primi segnali disturbanti, emergono episodi di sevizie sugli animali, che eseguiva nella sua cameretta: catturava piccoli animali, come gatti e uccelli, e li sezionava, per osservare come fossero al loro interno, secondo le sue dichiarazioni.
Questi comportamenti, spesso associati a una futura escalation verso la violenza contro gli esseri umani, rivelavano una totale assenza di empatia e un crescente piacere nel dominio e nella crudeltà.

Da adolescente, questa sua curiosità sull’anatomia venne scambiata per un profondo interesse che Roberto nutriva per le scienze, ed infatti si iscrisse al liceo scientifico Morin a Mestre. A 19 anni, iscritto alla classe quinta, si annoiava: l’auto di suo padre divenne la sua ossessione: avrebbe voluto scorrazzare per le strade del Veneto su quella Alfasud, alla conquista del mondo!



🎧 Il duplice omicidio dei genitori

Era una notte del 1996, in una quieta zona residenziale di Mestre. Nazario Succo, stanco dopo una lunga giornata di lavoro, rientrò nel suo appartamento in via Serraglio, pronto a rilassarsi. La casa sembrava più buia del solito, con le luci spente e l’aria stranamente silenziosa.
Cercò sua moglie Maria, ma non la trovò subito. Quando aprì la porta, un'ombra si lanciò su di lui con una violenza inaspettata. Fu Roberto, suo figlio, ad aggredirlo senza pietà. Armato di accetta, lo colpì ripetutamente fino a farlo cessare di respirare, poi, con freddezza, gli infilò la testa in una sacchetto di plastica e lo trascinò nel bagno. Lì giaceva Maria, la madre, brutalmente assassinata con oltre trenta coltellate. I due corpi furono sistemati l’uno sopra l’altro e ricoperti d’acqua nella vasca da bagno, come in un macabro esperimento. Aggiunse del bagnoschiuma pensando, così, di coprire la puzza di cadavere che sarebbe presto sopraggiunta ed avrebbe invaso l’appartamento.
Il movente del duplice omicidio, apparentemente banale, fu un litigio per l'uso dell’Alfasud di famiglia, un'auto che Roberto voleva assolutamente guidare e che suo padre, non gli concedeva.

Al comando di polizia di San Marco, a Venezia, dove suo padre lavorava erano preoccupati dell’assenza ingiustificata di Nazario, e diedero l’allarme.
La scena del crimine, scoperta poco dopo dai vigili del fuoco, lasciò tutti esterrefatti, con l’intero appartamento trasformato in un macabro teatro del delitto.
L’indiziato era il figlio, che mancava all’appello.

In seguito al duplice omicidio, infatti, Roberto, sottratta la pistola a suo padre, era fuggito con l’Alfasud, senza lasciare tracce.
Tuttavia, venne arrestato nel giro di qualche giorno, all’uscita da una pizzeria a San Pietro al Natisone, vicino al confine con la Jugoslavia, dove stava cenando tranquillamente, dopo aver fatto un breve ritorno sulla scena del crimine.

Durante l’interrogatorio, il baby killer di Mestre ammise di aver assassinato i propri genitori perché una, sua mamma, gli stava sempre col fiato sul collo, e l’altro, suo padre, non voleva fargli usare l’Alfasud.


🎧 La fuga, l’arresto e il tetto del carcere

Dopo il duplice omicidio, Succo venne dichiarato affetto da schizofrenia paranoide e disturbo antisociale della personalità e condannato a 10 anni da scontare nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, quello che, un tempo, si chiamava “manicomio criminale”.
Durante la detenzione, si verificarono episodi che rivelarono ancor più la sua mente disturbata e il suo desiderio di sfidare ogni autorità.

Uno degli episodi più surreali avvenne nel 1986, quando Succo riuscì a salire sul tetto del carcere, attirando l’attenzione dei giornalisti e trasformando il momento in una sorta di spettacolo mediatico. Per circa un’ora, Roberto tenne una delirante "conferenza stampa", in cui parlò di sé come un genio incompreso, di persecuzioni subite e di un odio profondo verso la società. Tentò persino di fuggire camminando su un filo che collegava il tetto a una struttura esterna del carcere, la residenza del direttore del penitenziario, ma cadde, riportando diverse fratture.
Questo episodio, tra il grottesco e il drammatico, rafforzò l’immagine di un uomo imprevedibile e fuori controllo.



🎧 La fuga dal manicomio e i crimini successivi

Il 17 maggio 1986, Succo evase approfittando di un permesso ottenuto grazie a un comportamento apparentemente equilibrato durante la detenzione. Dopo essersi diplomato, infatti, aveva intrapreso gli studi universitari di Scienze, probabilmente proprio allo scopo di ottenere dei permessi per uscire e darsi alla macchia.
Questo evento segnò l'inizio della sua vita da latitante in Francia.
Qui, con documenti falsi e sotto lo pseudonimo di "Kurt", intraprese una nuova ondata di crimini, che incluse il rapimento, l'omicidio e persino episodi di violenza sessuale. Le sue vittime includevano due donne, un medico e due membri delle forze dell'ordine francesi.


- Omicidi in Francia: in Francia, dunque, uccise almeno cinque persone, tra cui due poliziotti, sfidando apertamente le autorità francesi.
- Rapimenti e aggressioni: Succo sequestrò e aggredì sessualmente diverse donne, usando la violenza per affermare il suo dominio.
- Rapine: Compì numerose rapine per finanziare la sua fuga, usando una brutalità sproporzionata rispetto agli scopi.

Dalla Francia passò per la Svizzera e tornò in Italia.

La sua fuga si concluse il 28 febbraio 1988, quando venne arrestato in Veneto, Santa Lucia di Piave, dove era di passaggio, diretto in Sicilia e, poi, in nord Africa.

Durante la procedura di arresto, alla domanda sulla sua professione, rispose: “Killer. È quello che faccio”.

Vista la sua indole, non smise di attirare l’attenzione mediatica.



🎧 I crimini a lui imputati, oltre agli omicidi, furono: detenzione illegale di armi da fuoco, tentato omicidio, evasione, tentata evasione, stupro, rapina, sequestro di persona, violazione di domicilio, occultamento di cadavere.


🎧 Profilo psicologico

Roberto Succo incarnava un mix pericoloso di schizofrenia paranoide, narcisismo e tendenze antisociali.

1. Schizofrenia paranoide: I suoi deliri di persecuzione e onnipotenza influenzavano ogni sua azione, portandolo a comportamenti imprevedibili.
2. Narcisismo patologico: Si percepiva come un genio incompreso, superiore a chiunque altro, e i suoi crimini erano una forma di affermazione personale.
3. Tratti antisociali: La totale assenza di empatia e il piacere nella sofferenza altrui emergevano fin dall’infanzia, con episodi di crudeltà sugli animali.
4. Influenza familiare: La combinazione di un padre autoritario e una madre ossessiva può aver contribuito a creare un terreno fertile per il suo disturbo mentale.

Molti i soprannomi che gli diedero i media, fra cui il cherubino nero, il mostro di Mestre, il killer dagli occhi di ghiaccio, l’assassino della luna piena.

🎧 La fine

L’Italia rifiutò la richiesta d’estradizione della Francia, dove era ormai noto come Roberto Zucco, e scontò qui la sua pena.
Durante la detenzione, la sua instabilità mentale raggiunse il culmine.
Poco prima di essere trasferito nuovamente in un manicomio criminale, ovvero in un ospedale psichiatrico giudiziario, il 23 maggio 1988, si suicidò asfissiandosi, usando un sacchetto di plastica in cui fece entrare il gas del fornellino elettrico in dotazione nella sua cella.




La storia di Roberto Succo ci offre uno sguardo inquietante su una mente disturbata e una vita segnata dalla violenza. I suoi crimini e la sua follia restano una testimonianza della complessità umana e delle difficoltà nel prevedere e prevenire tragedie simili. Questo episodio non vuole solo raccontare i suoi crimini, ma esplorare la mente di un giovane che, pur mostrando tratti di normalità e carisma, viveva in un abisso di disagio psicologico. Le sue azioni non sono giustificabili, ma comprendere il contesto è essenziale per prevenire storie simili.


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Author Marcella Boccia
Organization Marcella Boccia
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