La compassione è generalmente considerata sinonimo di empatia. Tuttavia le ricerche indicano
che si tratta di due costrutti diversi. La compassione non indica solo la comprensione degli stati
emotivi dell’altro, specifica dell’empatia, ma include il desiderio di alleviare la sofferenza dell’altro.
I ricercatori e i clinici sottolineano che la compassione attiva la ricerca di specifiche azioni, eticamente orientate, a risolvere le difficoltà di chi ha bisogno di aiuto.
Il prof. Fassino sottolinea che l’interesse per questo concetto ha attivato i clinici a focalizzare gli
assetti psicodinamici dell’auto-compassione (la self-compassion appunto) nozione che crea un
ponte con le dimensioni emotive del perdono, dell’alleanza con il deficit e con i processi di incoraggiamento. Le intuizioni di Adler sono pionieristiche rispetto a questi studi: formulando
l’idea dell’assunzione tardiva della funzione materna da parte dello psicoterapeuta rimanda, in essenza, alla compassione materna che, nell’auto-compassione, trova una significativa efficacia
clinica.