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Monografie oltre ai generi Un programma di Michele Selva Musica come superamento di confini, di generi e come possibilità infinite di ascolto. Dentro e fuori la partitura, il testo, il...
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Monografie oltre ai generi
Un programma di Michele Selva
Musica come superamento di confini, di generi e come possibilità infinite di ascolto. Dentro e fuori la partitura, il testo, il palco, la sala da concerto
Grafica di Alessandro Mazzoni
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Un programma di Michele Selva
Musica come superamento di confini, di generi e come possibilità infinite di ascolto. Dentro e fuori la partitura, il testo, il palco, la sala da concerto
Grafica di Alessandro Mazzoni
18 DEC 2023 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗖𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝗱𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝘂𝘀𝗮: 𝗹'𝗮𝘀𝗰𝗼𝗹𝘁𝗼 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗛𝗲𝗹𝗺𝘂𝘁 𝗟𝗮𝗰𝗵𝗲𝗻𝗺𝗮𝗻𝗻
Michele Selva ci guida attraverso le intricanti composizioni di Helmut Lachenmann: nato nel 1935, il compositore tedesco si distingue come un artigiano del suono, plasmando la materia sonora con un'approccio unico. La sua musica è una testimonianza dell'interazione tra corpo e strumento, una fusione tra il sensibile e l'inespresso.
In questo episodio, esploreremo la poetica di Lachenmann, un musicista che sfida i cliché e crea un linguaggio sonoro distinto. Da opere radicali degli anni '70 - tra le altre "Salut für Caudwell" - ai capolavori del decenni successivo come "Ausklang", scopriremo il percorso unico di questo compositore nel tentativo di rivelare l'indefinibile attraverso il suono.
Un viaggio nella "pasta del sensibile" musicale, dove la nudità primordiale del suono incontra la poetica dell'ineffabile.
Attraverso la sua estetica oggettuale, la sua composizione diviene un dialogo intimo tra il corpo degli strumenti e il mondo sonoro, un'esperienza tanto provocante quanto profondamente umana.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
🎶 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - La Musica come Pratica dell'Impossibile: https://www.bit.ly/usma-mcpi
28 JUN 2023 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗜𝗻𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶 𝗼𝗯𝗹𝗶𝗾𝘂𝗶: 𝗹𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗕𝗿𝗶𝗮𝗻 𝗘𝗻𝗼
Dopo la monografia dedicata alla produzione personale di Brian Eno, già esplorata in questo programma nel dicembre 2018 (ascoltabile qui: bit.ly/mcpdi-brianeno), oggi partiamo verso un viaggio che ha come destinazione una molteplicità di ascolti: sono infatti innumerevoli, oblique ed eterogenee le pubblicazioni musicali uscite sono la guida del Brian Eno produttore nel corso della sua carriera, molte di queste entrate di diritto nella storia della musica contemporanea.
Si parte nella New York di fine anni ’70 in cui le proposte dell’Artists Space di Soho, teatro di molti gruppi alternativi ispirati al free jazz di Ayler e Coltrane, alle avanguardie minimaliste ma anche al garage e al punk più genuine, affascineranno Eno a tal punto che la selezione di quel sound rabbioso, violento e rumoroso diventerà la selezione di un disco considerato manifesto della scena No Wave di quegli anni.
Gli anni successivi vedranno la sua produzione forgiare una pietra miliare dopo l’altra, la ritmica nevrotica si fonde alla scena New Wave, al post punk e all’elettronica tedesca arrivando a dischi come quelli dei DEVO, di Robert Calver e degli Ultravox. L’ultimo ventennio del secolo si contraddistingue invece per la ricerca costante di un valore “etnico”, esotico, ritmico e corale ma elettronicamente più disteso influenzato dal suo stupendo naufragare ambient, di cui ad Eno si può riconoscere la paternità del genere. Sono figli di questo periodo i dischi dei britannici James (Wah Wah, Whiplash e Millionaires) ma anche di Teresa De Sio, Zvuki Mu o i portoghesi The Gift.
Il nome di Eno è legato inoltre a quello dello straordinario produttore Daniel Lanois, il cui sodalizio artistico porterà ai natali dei popolarissimi U2, lanciati a livello mondiale con gli album The Joshua Tree, Achtung Baby, Zooropa e All that you can’t leave behind. Il racconto di Michele Selva prosegue poi con ascolti dedicati alla Penguin Cafè Orchestra, dell’etichetta Obscure e di Gabin Bryars, arrivando fino ai giorni d’oggi.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
🎶 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - La Musica come Pratica dell'Impossibile: bit.ly/usma-mcpdi
25 APR 2023 · “𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒑𝒊ù 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒄𝒓𝒆𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒏 𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒆𝒇𝒇𝒊𝒄𝒂𝒄𝒆 𝒃𝒊𝒔𝒐𝒈𝒏𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒅𝒆𝒍𝒊𝒓𝒊𝒐 𝒆 𝒐𝒓𝒈𝒂𝒏𝒊𝒛𝒛𝒂𝒓𝒍𝒐"
𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗣𝗶𝗲𝗿𝗿𝗲 𝗕𝗼𝘂𝗹𝗲𝘇: 𝗹'𝗶𝗻𝗾𝘂𝗶𝗲𝘁𝗼 𝗲 𝗶𝗹 𝗿𝗶𝗴𝗼𝗿𝗲
Nelle precedenti puntate del programma, abbiamo più volte narrato del grande movimento d’avanguardia musicale europeo, concentratosi in particolare a Darmstadt, durante agli anni ’50 del secolo scorso, il punto di partenza in azione e reazione di tutto quello che andrà a seguire nel Novecento. Lo abbiamo visto attraverso le monografie su Bruno Maderna, Luigi Nono, György Ligeti, Iannis Xenakis, Karlheinz Stockhausen e in dialettica opposta o complementare anche John Cage e Giacinto Scelsi. Come un'ideale chiusura del cerchio, andiamo oggi alla scoperta di uno dei più carismatici, per certi tratti autoritari e sicuramente influenti personaggi di quegli anni, il compositore e direttore d’orchestra francesce Pierre Boulez.
In gioventù Boulez si ritirò dagli studi matematici per intraprendere quelli musicali anche se i primi influenzerrano particolarmente il suo approccio alla composizione. Con il trasferimento a Parigi avviò una vera e propria rivoluzione musicale insieme a Stockhausen appunto e al belga Henri Pousseur, accentuata dall’incontro con il giovane John Cage durante gli anni Sessanta. Proprio nella capitale francesce fondò nel 1970 l’IRCAM, l’istituto per l’esplorazione e lo sviluppo della musica moderna. Compositore innovativo e aperto alla sperimentazione di quegli anni, Pierre Boulez fu anche un’eccezionale direttore d’orchestra, a capo dell’orchestra di Cleveland, la sinfonica della BBC e la Filarmonica di New York in cui contribuì alla diffusione del repertorio di Debussy, Mahler e Stravinsky.
Michele Selva ci porta a conoscere una figura imprescendibile della cosiddetta classica contemporanea, nonché uno dei precursori ella musica elettronica e delle su infinite possibilità.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
Illustrazione tratta da un’immagine di Artcurial
🎶 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - La Musica come Pratica dell'Impossibile: bit.ly/usma-mcpdi
15 MAR 2023 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗕𝗼𝗯 𝗗𝘆𝗹𝗮𝗻 𝗲 𝗹𝗲 𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗼𝗲𝘀𝗶𝗮
A distanza di anni dall’ultimo approfondimento su Usmaradio, arriva un nuovo episodio de La Musica come Pratica dell’Impossibile dedicato a Bob Dylan.
Mentre nelle prime tre puntate sono stati esplorati gli aspetti artistici e compositivi in un ideale tris biografico intitolato “L’altro Dylan e l’America”, Michele Selva questa volta ne analizza la poetica in una produzione, quella dylania, di una creatività apparentemente inesauribile. Entreremo in uno degli aspetti più cruciali della produzione del Nobel per letteratura nel 2016: il luogo della poesia, uno spazio astratto in cui timbro, voce, suono e testo sono inscindibili e in cui la tradizione, da Omero fino alla moderna letteratura americana di Herman Melville e Walt Whitman, arriva fino ai giorni nostri.
Bob Dylan è uno dei pochi autori che ha scritto almeno una canzone su ogni situazione o stato d’animo che ognuno di noi ha attraversato nella vita, questo approccio caleidoscopico è stato di ispirazione nel creare una trasmissione radio intitolata Theme Time Radio Hour, ondata in onda dal 2006 al 2009 e che ha visto la realizzazione di 102 episodi di circa un’ora ciascuno in cui Dylan ha affrontato, tra canzoni, conversazioni e poesia stessa, tra i più svariati argomenti e sentimenti che riguardano la quotidianità dell’essere umano.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
Immagine tratta da una fotografia di Emmanuel Rosario - Tutti i diritti riservati
🎶 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - https://bit.ly/usma-mcpdi
2 FEB 2023 · LA MUSICA COME PRATICA DELL'IMPOSSIBILE - Monografie oltre ai generi
Arvo Pärt: come risuona l'infinito
La prima monografia de La Musica come Pratica dell’Impossibile del 2023 è dedicata al maggiore compositore vivente in termini di numeri di esecuzioni delle sue opere in tutto il mondo, stiamo parlando di Arvo Pärt. Nato nel cuore dell'Estonia nel 1935, tra cupi scenari industriali e difficoltà culturali dovuti al contesto storico-politico restìo all’apertura verso occidente, si apre il suo percorso musicale fatto di semplici epifanie e scoperte fondamentali attraverso il pianoforte, l’oboe e le percussioni. Coerenza e conoscenza dello stile compositivo sono i cardini stilistici del giovane Arvo durante i suoi studi al conservatorio di Tallinn, sotto la guida del suo primo mentore, il compositore Heino Eller. Palestrina, contrappunto e senso dell’essenziale sono termini compositivi che lo stesso Pärt acquisisce e che elaborerà maggiormente con il tempo.
Inizia una ricerca tra una serie di stili moderni e antichi per individuarne uno proprio: la polifonia, la dodecafonia e il serialismo sono passaggi chiave a cui unisce fin da subito la componente umanistica, questo connubio tra rigore del mezzo e schiettezza, lo porterà alla scrittura di Perpetuum Mobile, il suo primo grande successo. Poi il confronto con il mondo della radiofonia e il collage, il culto per Johan Sebastian Bach e altre attività che lo allontaneranno dalla produzione orchestrale per diversi anni. I suoi lavori più noti infatti, nascono da uno stile che ha sviluppato dopo questa pausa che è durata fino al 1978, durante la quale rinnegò i suoi primi approcci alla composizione contemporanea, inclusa la tecnica dodecafonica, partorendo un nuovo stile che richiama il suono delle campane: il Tintinnabuli. “Il mio nuovo stile di composizione nasce da un seme che sentivo di avere dentro di me”, dichiarò.
Le sue composizioni di Arvo assumono un tempo lento e meditativo e scrittura minimalista, condite dal "silenzio" scritto nella musica. Für Alina può essere considerata la composizione chiave dello stile tintinnabuli di Arvo Pärt e, simbolicamente, il punto di partenza di tutte le sue opere successive di grande successo.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
Immagine elaborata da un'illustrazione di Eiko Ojala - Tutti i diritti riservati
15 NOV 2022 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗗𝗮𝗹 𝗰𝗶𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗼 𝗹'𝗮𝗯𝗶𝘀𝘀𝗼: 𝗹𝗲 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝗗𝗶𝗮𝗺𝗮𝗻𝗱𝗮 𝗚𝗮𝗹á𝘀
Nota alle cronache per essere la diva dell’avantgarde newyorkese, nell’ultima puntata de La Musica come Pratica dell’Impossibile di Michele Selva si va alla scoperta dell’arte e della personalità fuori dal comune di Diamanda Galás: artista eclettica, scioccante e dalla luminosa oscurità, per parafrase il titolo dell'episodio. Una voce la sua, unica e prodigiosa cresciuta fertile attraverso gli studi classici che le hanno permesso di esprimere tutto il suo potenziale, dato da una prorompente e celebrata estensione vocale superiore alle tre ottave e mezzo ma anche da una specificità di stile veramente unica nel panorama mondiale contemporaneo.
La sua forza vocale dai connotati oscuri e luciferini le hanno permesso di abitare in maniera drammatica letteratura, storia, l'impegno sociale in cui ha raccontato la sofferenza degli emarginati e la lotta costante per superare la malattia mentale, oltre ad un'ispirazione multi-culturale: emerge in molte delle sue opere infatti, l’ineffabile melisma per le tradizioni vocali medio orientali influenzate dalle sue origini mediterranee, oltre ad un spiccato interesse per la fisicità, lo “sporco” e il recitativo, pur mantenendo affinità all’impostazione del canto classico. Galás è riuscita a fondere subconscio, magia e storia in un flusso sonoro altamente emozionante, composizioni per voci sovraincise ed elettronica dissonante, estremamente convulse e opprimenti.
Tra i suoi album memorabili, connotati da generi diversi che spaziano dal blues, fino al jazz e al gospel ma sempre improntati alla sperimentazione, ricordiamo l’assolo canoro di dodici minuti di "Wild Women With Steak-Knive” (1982) in cui blocchi di grida orrende, rapidissime e concitate, si alternano vagiti disumani; poi nello stesso anno le "Litanies Of Satan”, Galás recita i versi maledetti dell’inferno di Baudelaire più enfatica e sguaiata che mai, mentre un tamburo batte colpi funerei, l'elettronica solleva folate gelide e altre voci filtrate borbottano in sottofondo; e poi ancora, questa volta è dal vivo che Diamanda stupisce il pubblico: nel 1991 l'iconico concerto registrato presso la Cattedrale di St. John the Divine a New York, dedicato e ispirato ai malati e ai morti dell’AIDS, tra cui l’amato fratello deceduto poco tempo prima proprio per aver contratto il virus. Diamanda qui è la peste nera, la personifica in una propria, teatrale e potente liturgia per creare liberazione e sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno, quello che riguarda i malati di HIV, che ne ha portato all'ostracizzazione nell’America di quei anni.
“La morte non è nel non poter comunicare ma nel non essere più compresi” diceva Pier Paolo Pasolini e Diamanda, sua grande ammiratrice, ha fatto di queste parole il suo mantra, inseguendo quella eccentricità stilistica attraverso vari linguaggi sperimentati e interpretati nella sua carriera artistica; solo una minima parte di essi sono stati ricordati in questa presentazione, per scoprirne di più non perdetevi questa biografia in musica dedicata all’artista americana.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
Immagine elaborata da una fotografia di Paul Harris - Tutti i diritti riservati
5 SEP 2022 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗦𝘆𝗹𝘃𝗮𝗻𝗼 𝗕𝘂𝘀𝘀𝗼𝘁𝘁𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁à 𝘀𝗶 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘃𝗲 𝗶𝗻 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗶𝗮
La nuova stagione de La Musica come Pratica dell’Impossibile inaugura con un approfondimento sulla figura del compositore, uomo di teatro, pittore, scenografo e costumista fiorentino Sylvano Bussotti. Proprio le sue numerose personalità artistiche ci permettono di definirlo come “quinta essenza” della creatività in un continuo confronto geniale con una classicità musicale che trascendete storicismi. È la consueta voce dell'autore Michele Selva ad accompagnarci in questo viaggio nel segno della libertà del gesto: dall’arte figurativa, al teatro fino alla composizione.
È proprio il palcoscenico teatrale ad affascinare Bussotti fin dalla più tenera età, a cinque anni scopre la musica attraverso gli studi di violino perfezionati al conservatorio, un insieme di fondanti epifanie creative in cui sono stati determinanti il fratello Renzo e lo zio materno Tono Zancanaro, entrambi pittori.
Nel 1949 a Padova approfondisce da autodidatta lo studio della composizione e si trasferisce successivamente a Parigi, dove nel biennio 1956-1958 inizia a frequentare i corsi privati di Max Deutsch e incontra Pierre Boulez e Heinz-Klaus Metzger, che lo conduce a Darmstadt, dove conosce John Cage e da lì rimane affascinato dalla filosofia del compositore americano, la quale sembra offrirgli una strada alternativa alla scuola di Boulez ed intraprendere con fermezza il percorso che lo porta all’aserialismo.
Un’influenza importantissima quella dei pittori in casa Bussotti, fin dal ragazzo infatti, Sylvano lavora alla composizione musicale così come al disegno e alla pittura, che lo porta ad allestire mostre d’arte in vari paesi del mondo. Dall’attività concertistica si sviluppa poi l’esperienza teatrale che gli permette di occuparsi anche di cinema e televisione. Nel 1984 nasce a Genazzano la B.O.B ovvero la BUSSOTTIOPERABALLET sintesi della sua esperienza creativa costituita da spettacoli di teatro musicale contemporaneo che trovano fama e respiro internazionale attraverso concerti, spettacoli e mostre d’arte.
Questa è solo una parte del mondo di Sylvano Bussotti che vi invitiamo a conoscere o riscoprire attraverso questa nuova monografia in musica.
Si ringraziano l’autore biografico Luigi Esposito e Rocco Quaglia, animatore inesauribile del pensiero bussottiano.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
Sylvano Bussotti e Roberto Masotti in memoriam
26 MAY 2022 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗘𝗶𝗻𝘀𝘁ü𝗿𝘇𝗲𝗻𝗱𝗲 𝗡𝗲𝘂𝗯𝗮𝘂𝘁𝗲𝗻, 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗰𝗰𝗼𝗿𝗱𝗶 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗻𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗰𝗶𝗰𝗮𝘁𝗿𝗶𝗰𝗶
Insieme a Michele Selva andiamo alla scoperta dei rumorosi Einstürzende Neubauten, letteralmente “nuovi edifici che crollano” i protagonisti dell’ultima puntata di La Musica come Pratica dell’Impossibile.
Nati nella Berlino divisa culturalmente e geograficamente di inizio anni ’80, per il leader del gruppo Blixa Bargeld (già noto al nostro pubblico per la puntata su Nick Cave, disponibile qui: https://bit.ly/mcpdi-cave) e gli altri quattro componenti del gruppo d’origine, la musica nasce quasi senza strumenti convenzionali.
La band infatti, armeggia per necessità e ispirazione veri e propri strumenti costruiti dalle rovine ancora presenti in una città segnata dalle cicatrici della guerra: chitarre dismesse, catene, trapani, tubi di plastica ed alluminio. Il loro desiderio nasce sempre dal caos come diranno, ed è proprio attraverso questa ispirazione che in Neubauten tracceranno la via per la creazione di nuovi paradigmi musicali. Il loro suono, concreto, nuovo e arcaico allo stesso tempo è la metafora delle nuove città tedesche: rumorose, organiche, industriali e in via di espansione, così come il suono dei Neubatuen, ancora troppo acerbo all’epoca per essere definito musica ma che in seguito, perseverando, li porterà ad “ampliare il nuovo mondo finché non ci sarà più nient’altro che questo”, come ha dichiarato lo stesso Bargeld.
Tuttavia quello degli Einstürzende Neubauten non è solo un nichilismo distruttivo fine a stesso, tutt’altro: il loro è un rumore essenzialmente positivo e costruttivo, è dalle rovine che riprende una rinascita e una pars construens, ovvero l’indicazione propositiva della strada da seguire; citando un passaggio del loro brano MoDiMiDoFrSaSo del 1987 “nel cratere nascono di nuovo i fiori”.
La band, ancora attivissima e impegnata in un tour europeo proprio in queste settimane, virerà poi con l’avvento del nuovo millennio le proprie sonorità verso un addolcimento raffinato nelle produzioni, con il magistrale album “Silence is Sexy” (2001) viene restituita quella dimensione dell’ascolto e del silenzio come elemento sensuale e contenitore per ogni tipo di suono accettato e non culturalmente discutibile.
Nonostante i cambiamenti nella produzione, c’è una costante e una coerenza che contraddistingue gli Einstürzende Neubauten, il loro suono è realizzato nella dialettica dei suoi opposti più estremi, dal frastuono violento delle percussioni all’impercettibile, un potere primitivo e folle su cui invitiamo ogni ascoltatore a farsi coinvolgere.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
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4 APR 2022 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗟𝘂𝘀𝘀𝘂𝗿𝗲𝗴𝗴𝗶𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗺𝗶𝘀𝘁𝗲𝗿𝗼: 𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗟𝘂𝗶𝘀 𝗱𝗲 𝗣𝗮𝗯𝗹𝗼
Dopo Franco Donatoni (https://bit.ly/mcpdi-donatoni) e la voce di Tim Buckley (https://bit.ly/mcpdi-buckley) è la volta di una delle menti più originali, autorevoli e articolate del mondo musicale che dalle prime avanguardie storiche, arriva alla contemporaneità nella maniera più coerente, mediterranea ed ecumenica possibile: al centro della nuova puntata di La Musica come Pratica dell’Impossibile di Michele Selva c’è il compositore spagnolo Luis de Pablo.
Nato a Bilbao nel 1930 e madrileno di adozione, De Pablo è stato tra i fondatori del primo Laboratorio de Música Electrónica de España; un vocazione la sua per la ricerca musicale contemporanea, che lo porterà ad innovare la musica spagnola dal retaggio folcloristico tanto caro al regime franchista di quei anni.
Per questo motivo negli anni ’60 anche lui come praticamente tutti i compositori trattati nelle nostre monografie, passerà da Darmstadt, tappa celebre e imprescindibile per lo studio e la produzione della musica d'avanguardia in cui incontrerà Bruno Maderna (https://bit.ly/mcpdi-maderna), poco più che trentenne dirigerà insieme a lui Polar, per undici strumenti, che rappresenta il primo, rilevante successo di Luis De Pablo. Poi tante opere, anche trasversali che toccano l’etnomusicologia, le arti figurative e il cinema attraverso un percorso penetrante attraverso tutti i paesaggi musicali del Novecento.
“La musica, come tutte le attività umane, deve profilarsi come un cambiamento perpetuo” diceva il compositore, ed è per questo che abbiamo scelto la parola “labirinto” come la più significativa per provare a determinarne la sua cifra, uno stile quindi estremamente coerente a livello formale ma allo stesso tempo che ha la capacità di sapersi muovere e cambiare strada mantenendo l’idea del “nuovo” e del “percorso” nell’impostazione della sua composizione, sempre originale e variegata nel tempo.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
17 FEB 2022 · 𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗕𝗲𝘆𝗼𝗻𝗱 𝘁𝗵𝗲 𝘀𝘂𝗻𝘀 - 𝗧𝗶𝗺 𝗕𝘂𝗰𝗸𝗹𝗲𝘆, 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗲 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗱𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲
In seguito al capitolo sul compositore italiano Franco Donatoni (disponibile qui: bit.ly/mcpdi-donatoni), questa volta, nella tradizione del programma che alterna figure della musica classica contemporanea ad autori e autrici pop, ecco la nuova puntata de la Musica come Pratica dell’Impossibile dedicata a Tim Buckley.
È la voce di Michele Selva a condurci alla scoperta della musica e dei testi dell’artista americano nato a Washington ma trasferitosi giovanissimo nella calda California, luogo in cui muoverà i primi passi tra cover band e collaborazioni entrando in contatto con il genere folk; l’incontro poi con Lerry Beckett e altri musicisti della scena popular lo porteranno invece ad una prima ribalta sui palcoscenici della scena di Los Angeles. Arrivò poi la paternità, quella che riguarda il figlio Jeff, con il quale condividerà lo stesso sorriso, il destino beffardo ma anche e soprattutto una voce inimitabile.
I primi contatti con il manager Herb Cohen e il produttore Paul Rotchild, lo condussero all'Elektra Records, dove nel 1966, pubblicò l'album di debutto dall’omonimo titolo, "Tim Buckley”; negli anni successivi arriveranno anche “Goodbye & Hello” (1967) e a chiudere il decennio “Happy Sad” e lo stupendo “Blue Afternoon” (1969).
Tim non ebbe un riscontro particolarmente fortunato dal punto di vista commerciale, dovuto anche ad un rapporto complicato con quella critica musicale che si accorse troppo tardi di lui, un elemento questo che gli procurò una forte depressione e il conseguente abuso di droghe e alcool fino alla prematura scomparsa all’età di 28 anni.
Tuttavia, la sua voce intrisa di affascinante malinconia e di un’enorme espressività lo ha portato ad essere considerato come uno dei più geniali ed innovativi cantautori della storia del rock.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi
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Grafica di Alessandro Mazzoni
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