Antonella Lumini "La custode del silenzio"
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Antonella Lumini "La custode del silenzio" Einaudi Editore www.einaudi.it Anche nel centro di una città è possibile vivere l'esperienza del deserto. Del silenzio. Molti anni fa Antonella Lumini ha sentito...
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Einaudi Editore
www.einaudi.it
Anche nel centro di una città è possibile vivere l'esperienza del deserto. Del silenzio.
Molti anni fa Antonella Lumini ha sentito un richiamo che l'ha spinta su una via già percorsa da tanti eremiti prima di lei.
Vive a Firenze, dove lavora part time presso la Biblioteca Nazionale Centrale, ma appena rientra nel suo appartamento, chiude la porta e si apre al silenzio. Lontana dall'idea di rifiutare il mondo, questa donna dall'aspetto fragile, tanto riservata, quanto disponibile all'ascolto e all'accoglienza, dosa con disciplina la connessione a internet e l'uso del telefono. Le parole che pronuncia sono un balsamo per l'anima di chi va a trovarla, uomini e donne che cercano di dare un senso alla propria esistenza. Paolo Rodari l'ha incontrata e ha frequentato la sua pustinia, il suo deserto privato. Colpito dalla dimensione mistica di Antonella, ha deciso di narrarci la sua storia.
ANTONELLA LUMINI è nata a Firenze nel 1952. La sua vita è nelle pagine di questo libro.
PAOLO RODARI, milanese (1973), è giornalista di «la Repubblica». È autore di romanzi e saggi, tra cui L'ultimo esorcista (Piemme 2012), best seller tradotto in diverse lingue.
«Caro Paolo, la mia è una consegna.
Ti porterò dentro questo viaggio.
Ora può essere raccontato».
Ci sono libri che non lasciano indifferenti. Innanzitutto perché non hanno lasciato indifferente il loro autore, che non si è limitato a registrare, a riportare o a descrivere. Ma si è lasciato «ferire» in profondità, mettendosi in gioco, in discussione. È il caso de «La custode del silenzio» (Einaudi, pag. 119, 15 euro) che Antonella Lumini e il giornalista della «Repubblica» Paolo Rodari hanno appena mandato in libreria. L’attento lettore di Vatican Insider mi scuserà se per una volta ho deciso di abbandonare la terza persona. Resto convinto che, in un mondo pieno di scritti, di blog e di commenti dove trionfano l’io e le proprie opinioni, il giornalismo debba saper mantenere un sano distacco. Ci sono però casi - rari - in cui chi scrive si sente a tal punto interrogato e personalmente chiamato in causa, da non poter pigiare i tasti del computer senza parlare in prima persona.
Il libro di Lumini e Rodari è essenziale, bello, breve. Non contiene idee, non è un manuale di meditazione yoga, non presenta delle teorie e non è nemmeno un manuale. È il racconto, ben scritto, di una storia personale. Di vita, di sofferenza, di confronto con la morte incombente, di disagio, di una ricerca non ancora finita. E infine di una scoperta capace di portare pace ed equilibrio, insieme a esperienze profonde di preghiera. Antonella Lumini è una di quelle persone che Paolo Rodari chiama «eremiti di città», cioè coloro che vivono volontariamente in una certa solitudine cercando di rivivere le esperienze degli eremiti in contesti urbani. Ascoltando il silenzio e cercando la bellezza nelle cose più piccole e quotidiane. Di bellezza la vita attuale di Antonella è ripiena e lo si capisce: vive nel centro di Firenze e quando ha bisogno urgente di un po’ d’aria, può andare a passeggiare nel giardino di Boboli.
In fondo, la sua non è una esperienza autenticamente eremita: lavora custodendo e catalogando manoscritti e libri antichi alla Biblioteca Nazionale di Firenze, riceve spesso e volentieri persone che hanno bisogno di lei, che vogliono essere ascoltate o provare con lei il silenzio profondo, di una preghiera che passa attraverso l’annientamento di sé. Esperienza sempre più difficile nel nostro mondo, dove in tutto sembra cospirare per impedirci di fare esperienza del silenzio, del deserto, di quella «pustinia» (dal russo pustýnja, “deserto”). Un luogo in cui si prega ascoltando la voce di un Altro.
Ogni pagina del libro mi ha colpito. Attraverso le circostanze della vocazione di Antonella il lettore è provocato a farsi continuamente delle domande. Con il desiderio di poter sperimentare quel riposo «nell’abbraccio del creatore», quel «rinascere dall’alto» che Gesù indica al vecchio Nicodemo. «Ascoltare il proprio dolore rende sensibili al dolore ovunque lo si percepisca», afferma l’”eremita di città” che vive in Firenze . Questo incontro, questa rinascita cambia radicalmente la vita. «L’amore è come una staffetta, chi lo riceve a sua volta può consegnarlo. Quando l’amore attecchisce nel cuore, trabocca e si espande. Produce un moto spontaneo». Per questo la Lumini, nella sua abitazione fiorentina è una testimone di quella «pastorale dell’orecchio» di cui parla spesso Papa Francesco. In un mondo, in una società dove tutti parlano o gridano, dove tutti hanno qualcosa da dire, manca chi ti stia semplicemente ad ascoltare quanti sono nel disagio, nella pena. Quanti hanno le vite lacerate e cercano un approdo.
Nel corso della sua ormai lunga esperienza di pellegrina del silenzio (ha 64 anni), Antonella ha viaggiato lungo i deserti e i centri di spiritualità del mondo e ha fissato su dei quaderni voci e suggestioni che riceveva durante le sue esperienze di silenzio e preghiera. Da Patmos a Medjugorje. Una delle intuizioni a cui tiene di più e che descrive nella parte finale del libro, riguarda il volto materno di Dio, la maternità di Dio. Domenica 10 settembre 1978, Giovanni Paolo I scandalizzò non pochi teologi benpensanti quando disse che «noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre». Eppure l’aspetto della tenerezza, dell’amore viscerale per la propria creatura, quell’amore tipicamente materno, è caratteristica del Dio cristiano. E secondo Antonella Lumini, è caratteristica dello Spirito Santo, è «l’opera che lo Spirito Santo compie nell’umanità elargendo misericordia».
Non vorrei scrivere di più. Ho «divorato» il libro in poche ore, e ci sono tornato sopra. Alla fine della lettura è impossibile - almeno per me - non provare il desiderio di fare un’esperienza di «pustinia». E capisco quanto per l’autore sia stato coinvolgente l’amicizia con Antonella, le ore trascorse a parlare camminando, o di fronte a una delle sue tisane delle quali sembra quasi di poter percepire il profumo scorrendo le pagine de «La custode del silenzio».
Andrea Tornielli - La Stampa - www.lastampa.it
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