Araldo Cavallera "Solcando le onde del tempo"
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Araldo Cavallera "Solcando le onde del tempo" Mostra Antologica alla Castiglia di Saluzzo (Cuneo) fino al 6 settembre 2020 "Araldo Cavallera. Solcando le onde del tempo”. Curata da Ida Isoardi,...
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Mostra Antologica alla Castiglia di Saluzzo (Cuneo)
fino al 6 settembre 2020
"Araldo Cavallera. Solcando le onde del tempo”. Curata da Ida Isoardi, Angelo Mistrangelo e Giuseppe Biasutti, la rassegna ripercorre attraverso più di 200 opere pittoriche, grafiche e scultoree la lunga carriera creativa dell’artista nato e vissuto a Saluzzo. L’evento espositivo è promosso dal Comune di Saluzzo e organizzato dalla Fondazione Amleto Bertoni con la collaborazione dell’Associazione culturale Carlo Sismonda, il patrocinio dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in provincia di Cuneo, della Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino.
La mostra è accompagnata da un catalogo con testi critici dei curatori. L’esposizione sarà visitabile fino a domenica 6 settembre il lunedì, giovedì, venerdì e sabato dalle ore 10 alle 13 e dalle 14 alle 18, la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19.
Con l’esposizione di 150 opere grafiche e 50 sculture, la mostra allestita nelle sale della Castiglia ripercorre la lunga carriera di Araldo Cavallera, celebrandone gli 80 anni di vita e i 65 dedicati all’arte. Suddiviso in sezioni, il percorso espositivo accompagna il visitatore attraverso le molteplici tematiche affrontate dall’artista, dai paesaggi saluzzesi a soggetti fantastici, figure omeriche, gorgoni, cavalli, guerrieri, naufraghi, onde e vele. Ma l’allestimento restituisce un’ulteriore chiave di lettura dell’opera di Cavallera attraverso i diversi materiali da lui utilizzati: se per la produzione scultorea sono protagonisti il ferro e la pietra, a cui si affiancano terracotta e materiali poveri, fino al gesso delle ultime realizzazioni, in pittura e grafica trovano invece spazio l’utilizzo di contè, china, pittura a olio, tempere, tempere patinate con foglia d’oro e collage.
Quello esposto nelle sale della Castiglia è il ritratto di una personalità complessa: non è stato solo pittore, scultore, grafico e designer, ma anche archeologo, speleologo e un attento esploratore del suo territorio. Esponente di una famiglia originaria del Saluzzese protagonista di una storia di impegno civile e di antifascismo spesi lungo quattro generazioni tra Piemonte e Sardegna, Araldo Cavallera si forma all’Accademia Albertina di Torino. Matura artisticamente avendo come figure di riferimento Luigi Spazzapan per la pittura e Sandro Cherchi per la scultura, ma sviluppa e mantiene un’autonomia di linguaggio e di pensiero che ne hanno sempre contraddistinto la figura di artista poliedrico e di uomo dai molteplici e disparati interessi.
“La sua esperienza – racconta Angelo Mistrangelo – racchiude meditazioni e intuizioni, in una sorta di narrazione che lega natura, materiali, segnali di un dire che si fa momento espressivo contrassegnato di sguardi penetranti, talora allucinanti”. “L’artista, nel suo lungo iter di scultore, pittore, grafico e altro ancora, ha esplorato ogni possibile deriva dell’antico e del contemporaneo con forza e schiettezza a volte disarmanti - aggiunge Ida Isoardi -. Si può scorgere in lui un cavaliere avventuroso che ingaggi senza posa una lotta con una realtà per restituirla alla verità del sogno e della bellezza”. “Un infinito racconto con disegni, dipinti e sculture immaginato per il nostro sguardo – definisce il tutto di Araldo Cavallera Giuseppe Biasutti - . Riassunto di oggi e amalgama per il domani. Un componimento poetico. Lo spettacolo di un gentiluomo”.
Le prime esposizioni di Cavallera risalgono al 1958, presso la Libreria Moderna di Cuneo, a cui sono seguite numerose collettive e personali. Autore del monumento dedicato al Movimento Clandestino Antinazista della Rosa Bianca, collocato negli omonimi giardini pubblici di Saluzzo, Cavallera ha anche realizzato l’Inferriata di Piazza Castello a Saluzzo e, insieme a Piero Bolla e Berto Ravotti, il Sacrario delle Deportate italiane di Ravensbrück, vicino a Berlino. La sua ricerca artistica spazia dall’iniziale esperienza del segno grafico, con il quale circoscrive i comignoli nella preziosa serie grafica numerata degli anni Settanta, testimonianza dell’interesse personale per l’architettura del territorio saluzzese, ai paesaggi, ai frammenti di corpo umano, le vele, le scimmie urlanti e le radici, fino all’impiego della pietra di fiume e della pietra locale (steatite) per sculture di volti umani. Seguono le sculture in ferro, i bassorilievi, le sculture in terracotta, gli assemblaggi metallici e le tavole dipinte con fondi oro e raffiguranti immagini di grandi alberi.
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