Francesco Palmieri "Ricordando Grazia Marchianò"
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Francesco Palmieri Ricordando la figura di Grazia Marchianò Studiosa di estetica, di religioni e di filosofie orientali, ultima compagna di Elémire Zolla di cui teneva accesa la memoria e curava...
show moreRicordando la figura di Grazia Marchianò
Studiosa di estetica, di religioni e di filosofie orientali, ultima compagna di Elémire Zolla di cui teneva accesa la memoria e curava l’eredità intellettuale e spirituale, Grazia Marchianò aveva compiuto 83 anni il 13 marzo scorso e agli occhi di chi la conosceva sembrava sempre salda, infaticabile e accesa da dinamica curiosità. Gli amici che non riuscivano a contattarla da alcune settimane s’erano preoccupati del silenzio: Grazia non possedeva un telefono mobile e non rispondeva a quello di casa né alle e-mail. Oggi nella tarda mattinata, a quanto apprende Il Foglio (che la intervistò il 7 agosto 2021), una libraia romana alla quale la studiosa era molto legata s’è decisa a chiamare i carabinieri di Montepulciano, che hanno forzato la porta di casa e hanno rinvenuto il corpo esanime.Stando alle prime constatazioni, probabilmente Grazia già da alcuni giorni aveva raggiunto il suo Elémire, scomparso nel 2002, in quell’altra dimensione cui entrambi per l’intera vita avevano dedicato anima e cuore, viaggi in giro per il mondo e per il tempo. Era stato un grande amore che aveva unito la coppia, riverberato nell’imponente biografia antologica ‘Il conoscitore di segreti’, in cui Grazia nel 2006 riconnetteva per il pubblico i variegati fili del pensiero zolliano. Non fu mai succube né gelosa delle opere di Elémire e non trascurò la sua attività intellettuale all’ombra dell’altro, ma ne riflesse la luce con la generosità morale dimostrata anche nei confronti di altri studiosi che assieme al marito predilesse e orientò, come il geniale pensatore romeno Ioan Petru Culianu.
La lezione di Grazia Marchianò si può forse riassumere nelle parole con cui introdusse la biografia di Zolla: “Non sono tanto gli spostamenti nello spazio fisico, le letture sulla carta o sul video del computer, gli incontri prevedibili o imprevisti a dispensare occasioni di conoscenza, ma il modo nel quale ci si rapporta ad essi, si fanno filtrare e lievitare dentro di noi, suscitano connessioni, dischiudono orizzonti al di là dell’ovvio, istigano a dubitare e ad accendere nuove domande, senza porre limite alcuno alla fame e alla sete di cercare, indagare, apprendere, ricordare, dedurre, analizzare, argomentare, immaginare ma anche contemplare, meditare, coltivare il silenzio, espandere la consapevolezza, crescere dentro – quali che siano le circostanze in cui ci si trovi a vivere, nella buona e nella mala sorte come si diceva un tempo”.
articolo apparso sul quotidiano "il Foglio", autore: Francesco Palmieri
Elémire Zolla
"Minuetto all'inferno"
Edizioni Cliquot
Che cos’è la cattiveria? Cosa significa contemplare ed esplorare il male? A volte, semplicemente, si tratta di non trovare agio nel conformismo imperante, e percorrere una propria strada a dispetto di tutto e di tutti. Anche nel grande teatro della Torino e dell’Italia del Ventennio c’è un copione da recitare (a cui chiunque si adegua: dal gerarca zelante all’antifascista arrabbiato; dal borghesuccio meschino al contadino superstizioso) e quando i destini dei protagonisti, Lotario e Giulia, si incrociano sul finire della guerra, i due si accorgono che, nel condurre la loro esistenza indipendente e disordinata, forse hanno comunque interpretato un ruolo.
E lassù, dal cielo, Belzebù e un baffuto dittatore onnisciente si godono la recita dell’umanità, elargendo tiri mancini a profusione; e constatando con sottile piacere che, alla fine, chi non supera le prove della vita è solamente chi conduce quella più normale.
Uscito per la prima volta per Einaudi nel 1956, Minuetto all’inferno è un libro controverso, difficile da inquadrare. Elio Vittorini, che pure lo pubblicò nei suoi Gettoni, ne scrisse una quarta di copertina che era quasi una stroncatura, e lo definì con spregio – in un’epoca in cui la letteratura si interessava soprattutto di sondare il reale – come «cupamente fantasticante: un incubo puramente libresco». Eppure il romanzo vinse il Premio Strega opera prima e anche oggi, a distanza di tanti anni, si ha l’impressione che questa osservazione profonda della bassezza dell’animo umano e questo addentrarsi, a mo’ di favola gnostica, nel regno del fantastico, lo rendano una lettura di valore imperituro.
Prefazione di Grazia Marchianò.
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
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