Testo della catechesi«Se avessi fede, è ben certo che, passata quest’epoca.. non sopporterei altro che (il monastero di) Solesmes. Vedete, non si può vivere di frigoriferi, di politica.. e di parole crociate! Non si può più. Non si può vivere senza poesia, colore né amore». Con quest’affermazione, netta ed attualissima, l’aviatore Antoine Jean-Baptiste Marie Roger vergava una lettera ad un suo generale. Nato a Lione il 29 giugno 1900 da Jean de Saint-Exupery e Marie Boyer, dopo una vita trascorsa tra l’aviazione e la scrivania, o meglio in aereo e a scrivere libri, nel 1943 partorisce il suo capolavoro: Il Piccolo Principe. Appena un anno dopo, nonostante i divieti impostigli e i diversi incidenti aerei avuti riprende a volare, fino al 31 luglio, giorno in cui, proprio come il piccolo principe, “ritorna sul sulla sua stella”. Il libro si apre con la dedica all’amico ebreo comunista Leone Werth: «Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande.. il miglior amico che abbia al mondo», per poi correggerla, dato che «Tutti i grandi sono stati bambini una volta»: “A Leone Werth, quando era bambino”. Ciò che più ci interessa in questa sede è il possibile legame tra Il Piccolo Principe e la Bibbia.. un azzardo? Vediamo. Se quest’ultima è il libro più letto di sempre, o almeno il più posseduto, il primo nel 2017 ha superato le 300 traduzioni in diverse lingue e dialetti: dal gallurese al milanese, dal napoletano al friulano, dall’aragonese all’esperanto, e perfino in guaranì. È inoltre il testo più tradotto se si escludono quelli religiosi. Anzitutto, di cosa parla? I temi trattati sono molteplici e noti: se l’amicizia e l’amore costituiscono senza dubbio i temi poetici più alti della fiaba, è meraviglioso l’affetto del piccolo principe per la “sua” rosa, in francese une fleur, ma anche la rose. Poi il silenzio, con la sua simbologia più profonda: non si raggiungono infatti i valori dello spirito se non nella concentrazione. Quindi il deserto, con la sua infinita solitudine, segno del silenzio dell’anima e immagine dell’aridità del cuore. L’esperienza del deserto Tonio – così lo chiamavano in famiglia – la visse a lungo, ma nei cieli assieme al suo aereo, un deserto celeste fatto di silenzio e ricerca di assoluto, rendendolo in qualche modo monaco del firmamento! E poi i temi dell’acqua e della sete, che simboleggiano le aspirazioni più profonde di ogni uomo e ne qualificano il progresso spirituale. Infine il segreto che la volpe confida al principino, forse la pagina più famosa e alta di tutti i libri di Sanit-Exupéry: «Il mio segreto è molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». C’è poi un evidente richiamo all’importanza dei riti: «“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe. “Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe. “ È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”». Già, cos’è un rito? Etimologicamente deriva dal latino ritus, che si riallaccia al sanscrito ritis, “andamento, disposizione, usanza”, traducibile pressappoco con “schema”. Esso tiene insieme ordine e disordine, almeno stando alla tesi del celebre sociologo francese Emile Durkheim. Il teologo e monaco benedettino Giorgio Bonaccorso ci ricorda poi che «L’uomo credente non è solo colui che ascolta la parola di Dio e le obbedisce, ma anche colui che sente, vede, percepisce, tocca quella stessa Parola». E ancora: «Nel cristianesimo.. l’uomo non è obbedienza senza essere emozione, non è conoscenza senza essere passione, non è ascolto senza essere contatto, non è parola senza essere spazio e tempo, gesto e azione, immagine e suono, musica, danza, arte». Tutti elementi che il capolavoro di Saint-Exupéry ci ha regalato a piene mani. Quanto alle possibili chiavi di lettura del romanzo, ne sono state fornite tantissime: dalla creatività tipica dell’infanzia al coraggio di scoprire; dall’amicizia all’amore; da chi lo ritiene un saggio sulla resp...
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