Testo della catechesiGiotto, probabile diminutivo di Ambrogio, Biagio o Agnolo, nasce nel 1267 a Colle di Vespignano (oggi frazione di Vicchio), nella zona collinare del Mugello, vicino a Firenze. Dei genitori conosciamo solo il nome del padre, l’agricoltore Bondone, che quando il figlio ha circa dieci anni, un giorno come tanti lo porta a pascolare il gregge, ma quel giorno – così narra un’accreditata leggenda – sarà diverso da tutti gli altri (come accadde ad un altro celebre pastore, il re Davide!), perché viene notato dal più famoso pittore italiano, Cimabue, mentre sta scarabocchiando su una roccia.. l’artista non ha esitazione: lo vuole nella sua bottega! Il giovanotto non se lo fa ripetere due volte e lo segue. «Quello scarabocchio su un sasso – sottolinea lo storico dell’arte Stefano Zuffi – era l’inizio di una rivoluzione, una delle più decisive nell’arte occidentale: il passaggio dal simbolo alla realtà», e questo perché se «Cimabue considera la pittura come piano disteso in superficie, Giotto invece come una profondità da colmare.. sta nascendo la prospettiva, il sistema di “vedere oltre”, per andare al di là dello schermo». Intorno ai ventitre anni sposa la fiorentina Ciuta di Lapo del Pela, dalla quale avrà otto figli, equamente divisi in maschi e femmine. Qualche anno dopo è ad Assisi per dipingere le volte e parte della navata della basilica superiore di san Francesco, in cui il patrono d’Italia è sepolto da una sessantina d’anni. Nell’anno 1300 è invece a Roma per dipingere la scena che ritrae Bonifacio VIII nell’atto di indire, con la bolla Antiquorum habet fida relatio del 22 febbraio, il primo giubileo della storia cristiana, evento straordinario che fece accorrere nella città eterna (in qualità di pellegrini per lucrare l’indulgenza) il suo maestro Cimabue e Dante Alighieri, che in questo clima spirituale e culturale immagina il suo viaggio ultraterreno, proprio “durante” la Settimana Santa di quell’anno. Nello stesso anno con ogni probabilità si reca a Rimini, dove realizza uno splendido Crocifisso, attualmente conservato nel duomo. Tra il 1303 e il 1305 soggiorna a Padova, periodo in cui viene costruita e decorata la celebre Cappella degli Scrovegni. Forse è in questo momento che incontra Dante.. Nel 1327 si iscrive all’Arte dei Medici e degli Speziali di Firenze, la stessa corporazione di cui faceva parte Dante trent’anni prima. Nel frattempo vede “sistemarsi” diversi figli: Francesco diventa priore della chiesa di San Martino a Vespignano, paese natale del padre, Caterina e Chiara si sposano (la prima con un pittore), mentre Bice diventa terziaria francescana. Nel 1334 è nominato magister et gubernator dell’Opera di Santa Reparata, il cantiere della cattedrale di Firenze. Il 18 giugno getta le fondamenta per il campanile, cui darà il nome. Ma veniamo al focus del nostro tema: quale contributo biblico ci ha lasciato? Nel libro Giotto e Dante. Paradiso per due, il già citato Zuffi mette in parallelo le vite di questi due mostri sacri e precisa come il pittore sia «il primo artista a diventare davvero popolare, nel più pieno senso della parola». Per quanto riguarda la Cappella degli Scrovegni, l’autore non manca di esaltarne il valore: «sono fermamente convinto – scrive – che ogni cittadino italiano abbia il diritto, anzi, il dovere, di visitar(la).. almeno una volta nella vita», ma non esita neppure a polemizzare sull’attuale utilizzo del luogo: «E certamente di potersi fermare più a lungo dello striminzito quarto d’ora attualmente concesso ai visitatori». Come dargli torto? Ma Zuffi non risparmia nemmeno lo stesso artista: «Il primo miracolo compiuto da Cristo, tramutare l’acqua in vino – riferendosi ovviamente all’episodio di Cana – , doveva essere molto gradito a Giotto, frequentatore di feste e allegre compagnie». Ah.. Le opere legate al suo “percorso biblico”, se così possiamo dire, se si eccettua la Cappella degli Scrovegni non sono tantissime: cinque volte ritrae la Vergine, sette la Crocifissio...
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