Luciano Canfora "Cleofonte deve morire"
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Luciano Canfora "Cleofonte deve morire" Laterza www.laterza.it Taobuk Festival Taormina La “questione” dei padri, come quella dei maestri e delle radici, fa parte del nostro orizzonte comune. Le domande ‘Chi...
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Laterza
www.laterza.it
Taobuk Festival Taormina
La “questione” dei padri, come quella dei maestri e delle radici, fa parte del nostro orizzonte comune. Le domande ‘Chi sono’ e ‘da dove vengo’ non sono scisse. Chiedersi da dove veniamo significa fare un bilancio di ciò che c’è stato prima, di quello che ci è stato lasciato in eredità. Pensare sè stessi è innanzitutto pensarsi al passato.
La storia - come ci è insegnato - nasce proprio dall’atto di disubbidienza di un progenitore, a sua volta figlio, che disattende a un precetto per puro desiderio di conoscenza. Ma un padre è anche “un figlio che ha un figlio”, come scrive Pasolini nell’Affabulazione e il “gioco della paternità” è un gioco combinatorio delle identità multiple. Nella dialettica maestro-discepolo c’è la stessa tensione che in quella padre-figlio: a chi riconoscere l’autorevolezza di un magistero chiamato vita? Chi sono i maestri di oggi? Padri sono anche quelli che falliscono, nel durissimo giudizio storico di Pirandello espresso ne I vecchi e i giovani, romanzo in cui i padri «si trovano a essere responsabili degli scandali, della corruzione e del malgoverno dei giovani».
Domandarsi da dove veniamo, significa sapere cosa abbiamo ricevuto in eredità dal passato e cosa vogliamo essere pronti a rendere alle generazioni future, in un delicatissimo passaggio del testimone che si chiama civiltà. Il problema delle radici, connesso a quello delle prospettive, dell’eredità che si vuole lasciare, del pensarsi futuro attraverso le generazioni, continua ad echeggiare nella frase di Lev Tolstoj: “Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri”. Al Festival tenteremo di farci alcune di queste domande, ascoltando anche le risposte che ci daranno gli scrittori e gli artisti che amiamo, dalla viva voce di alcune delle massime personalità del nostro tempo.
Luciano Canfora
Professore emerito dell’Università di Bari. Dirige i “Quaderni di storia” e collabora con il Corriere della Sera. Tra le sue pubblicazioni per gli Editori Laterza, più volte ristampate e molte delle quali tradotte nelle principali lingue: Tucidide e l’impero, Storia della letteratura greca, Libro e libertà, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Prima lezione di storia greca, La democrazia. Storia di un’ideologia, L’occhio di Zeus. Disavventure della “Democrazia”, La prima marcia su Roma, La natura del potere, L’uso politico dei paradigmi storici, Il mondo di Atene, “È l’Europa che ce lo chiede!”. Falso!, Intervista sul potere (a cura di A. Carioti), La crisi dell’utopia. Aristofane contro Platone, La maschera democratica dell’oligarchia. Un dialogo (con G. Zagrebelsky, a cura di G. Preterossi), Augusto figlio di Dio, Tucidide. La menzogna, la colpa, l’esilio, Cleofonte deve morire.
Martedì 27 giugno 2017
Luciano Canfora "Consenso e Democrazia"
Interverrà nell’ambito della striscia — La lezione dei padri — all’appuntamento Il consenso e la democrazia. Storia antica di un eterno presente. Una Lectio magistralis in occasione dell’uscita del suo saggio Cleofonte deve morire (Laterza), che affronta la questione del consenso e i chiaroscuri del potere nell’Atene del V secolo, proiettando luci e ombre sul nostro presente.
"Cleofonte deve morire"
Laterza Edizioni
Così Aristofane, con l’arma del teatro, diede man forte alla liquidazione fisica dell’ultimo leader della democrazia ateniese.
Siamo nel pieno della guerra del Peloponneso. Atene rischia la sconfitta. La tensione è altissima: il partito aristocratico vuole accordarsi a qualunque prezzo con Sparta e adottare il modello politico dei vincitori. I democratici vogliono resistere fino alla fine e salvare la costituzione. Cleofonte è il leader della parte democratica ed è l’uomo da abbattere.
In questo tumultuoso quadro politico, un ruolo fondamentale lo giocano i drammaturghi. Alcuni di loro intrattengono un rapporto stretto con i gruppi di pressione decisi a scalzare il regime democratico. La commedia si fa, così, interprete della ‘maggioranza silenziosa’, quella che non va all’assemblea popolare, e la sobilla contro i suoi capi presentandoli come mostruosi demagoghi.
Aristofane, il commediografo, si fa agitatore politico. La sua grande abilità consiste nel presentarsi come il difensore del popolo agendo, in realtà, per conto di chi intende distruggere il potere popolare. Nella commedia intitolata Rane getta la maschera, chiede e auspica la condanna di Cleofonte, accanito oppositore del potere oligarchico; rompendo la finzione scenica fa un vero e proprio comizio, e parla, questa volta apertamente, della bruciante attualità politica.
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
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