Luigi Zoja "Centauri"
Oct 23, 2016 ·
22m 20s
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Description
Luigi Zoja "Centauri" Alle radici della violenza maschile Bollati Boringhieri Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo...
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Luigi Zoja
"Centauri"
Alle radici della violenza maschile
Bollati Boringhieri
Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si consumi come crimine di guerra, che collabori a finalità genocidarie, oppure si «normalizzi» in brutalità quotidiana in tempo di pace, vi agisce la stessa istintualità della barbarie più arcaica.
È il cono d'ombra dell'identità maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polarità maschile, quella del padre. La conciliazione di biologia e cultura, più fragile e instabile nell'uomo rispetto alla donna, è esposta da sempre a squilibri. I centauri del mito greco, esseri metà umani metà animali, ne rappresentano la forma estrema. La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata dallo stupro, «incontrollabile come un pogrom». A differenza del violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le manifestazioni: dalla schiavitù sessuale delle donne native durante la colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda guerra mondiale - quando l'Armata Rossa compì in Germania la più spaventosa violenza collettiva che si ricordi -, agli stupri ritualizzati come «terapia» per le lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del 31 dicembre 2015 a Colonia. A differenza della furia bellica, che da Omero in poi ha generato racconto, lo stupro produce perlopiù silenzio. «Disumanizza la vittima, ma anche l'aggressore, perché distrugge in entrambi una delle capacità più umane, quella di narrarsi». Se è vero che la parola «stupro» deriva dal latino stupor, è proprio uno sbigottimento che annienta anche la parola.
Luigi Zoja, già presidente della IAAP, l'associazione che raggruppa gli analisti junghiani nel mondo, ha lavorato a Zurigo, New York e Milano. I suoi saggi sono tradotti in quindici lingue. Tra i più recenti: Storia dell'arroganza. Psicologia e limiti dello sviluppo (2003), La morte del prossimo (2009), Utopie minimaliste (2013) e Tra eresia e verità (con Leonardo Boff, 2014). Presso Bollati Boringhieri sono usciti: Giustizia e Bellezza (2007), Contro Ismene. Considerazioni sulla violenza (2009), Al di là delle intenzioni. Etica e analisi (2011), Paranoia. La follia che fa la storia (2011), Psiche (2015) e la nuova edizione di Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre (2016). Ha vinto per due volte (2002 e 2008) il Gradiva Award, assegnato ogni anno negli Stati Uniti alla saggistica psicologica.
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
www.ilpostodelleparole.it
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Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si consumi come crimine di guerra, che collabori a finalità genocidarie, oppure si «normalizzi» in brutalità quotidiana in tempo di pace, vi agisce la stessa istintualità della barbarie più arcaica.
È il cono d'ombra dell'identità maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polarità maschile, quella del padre. La conciliazione di biologia e cultura, più fragile e instabile nell'uomo rispetto alla donna, è esposta da sempre a squilibri. I centauri del mito greco, esseri metà umani metà animali, ne rappresentano la forma estrema. La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata dallo stupro, «incontrollabile come un pogrom». A differenza del violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le manifestazioni: dalla schiavitù sessuale delle donne native durante la colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda guerra mondiale - quando l'Armata Rossa compì in Germania la più spaventosa violenza collettiva che si ricordi -, agli stupri ritualizzati come «terapia» per le lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del 31 dicembre 2015 a Colonia. A differenza della furia bellica, che da Omero in poi ha generato racconto, lo stupro produce perlopiù silenzio. «Disumanizza la vittima, ma anche l'aggressore, perché distrugge in entrambi una delle capacità più umane, quella di narrarsi». Se è vero che la parola «stupro» deriva dal latino stupor, è proprio uno sbigottimento che annienta anche la parola.
Luigi Zoja, già presidente della IAAP, l'associazione che raggruppa gli analisti junghiani nel mondo, ha lavorato a Zurigo, New York e Milano. I suoi saggi sono tradotti in quindici lingue. Tra i più recenti: Storia dell'arroganza. Psicologia e limiti dello sviluppo (2003), La morte del prossimo (2009), Utopie minimaliste (2013) e Tra eresia e verità (con Leonardo Boff, 2014). Presso Bollati Boringhieri sono usciti: Giustizia e Bellezza (2007), Contro Ismene. Considerazioni sulla violenza (2009), Al di là delle intenzioni. Etica e analisi (2011), Paranoia. La follia che fa la storia (2011), Psiche (2015) e la nuova edizione di Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre (2016). Ha vinto per due volte (2002 e 2008) il Gradiva Award, assegnato ogni anno negli Stati Uniti alla saggistica psicologica.
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