Massimo Arcangeli "La parola che non muore"
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Massimo Arcangeli "La parola che non muore" Festival, Civita di Bagnoregio dal 30 settembre al 2 ottobre 2016 Nella spettacolare cornice di Civita di Bagnoregio, la cittadina che pare sospesa...
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Festival, Civita di Bagnoregio
dal 30 settembre al 2 ottobre 2016
Nella spettacolare cornice di Civita di Bagnoregio, la cittadina che pare sospesa tra le nuvole tanto da aver ispirato le ambientazioni di più di un film di fama internazionale (da ultimo Il racconto dei racconti di Matteo Garrone), si svolge la seconda edizione del festival nazionale delle arti “La parola che non muore”, diretto da Massimo Arcangeli e da Giancarlo Liviano D’Arcangelo. Un luogo tanto evocativo e immaginifico da ispirare al maestro Stelvio Cipriani una composizione originale, dedicata proprio a Civita, che sarà suonata per la prima volta in apertura del Festival.
Tre giorni interamente dedicati alla riflessione sulla cultura che resiste, che si oppone – come il borgo di Civita – allo scacco del silenzio e della caduta, animati dalla presenza di studiosi, artisti, intellettuali di calibro internazionale e giovani talenti dei più vari campi,
dalla poesia alla musica. Un progetto che trae spunto da alcune importanti ricorrenze, quali il quinquennio di celebrazioni dantesche (nel 2021 ricorrerà il settecentesimo dalla morte del poeta) nonché il quattrocentesimo dalla morte di Annibal Caro. In particolare quest’ultima occasione vede nascere il premio di poesia “Caro poeta”, gemellato con l’omonimo premio di Civitanova Marche, realizzato in collaborazione con l’AIIC Italia, Aracne editrice, la società agricola Il Marrugio e Sapere Ambiente, riservato alle raccolte poetiche in lingua italiana pubblicate fra il 2015 e il 2016: il vincitore del premio otterrà la traduzione della propria opera in inglese, francese e spagnolo e la possibilità di risiedere per tre giorni proprio nel luogo in cui soggiornò Caro durante il periodo di traduzione dell’Eneide, la Commenda di Montefiascone. A decretare il vincitore tra le raccolte selezionate dal comitato scientifico (Maria Borio, Biancamaria Frabotta, Elio Pecora, Davide Rondoni, Ottavio Rossani, Lello Voce) una giuria di 100 membri tra artisti, professori universitari, intellettuali provenienti da tutta Italia, di cui 10 giovani di età inferiore ai 20 anni.
Il Festival si articola intorno ad un tema fondamentale: la conservazione della memoria libraria e della memoria poetica, prendendo a modello proprio la Divina Commedia dantesca, simbolo di una poesia universale il cui messaggio si trasmette ancora oggi a milioni di lettori, negli idiomi e nelle forme più varie.
La parola, come da titolo della manifestazione, verrà declinata nelle sue molteplici e vitali forme grazie al contributo di chi ogni giorno si confronta con la sua potenza e fragilità: la parola biografata con la presentazione della biografia del maestro e compositore Stelvio Cipriani a cura di Pino Ammendola e Rosario Montesanti; la parola che (si) trasforma, dedicata alla poesia, chiamata a investirsi di senso e partecipazione attiva, con l’intreccio di voci di Francesca Merloni, Gian Maria Nerli e Federico Scaramuccia; la parola senza barriere, fondamentale mezzo di testimonianza del mondo attraverso il reportage, con Riccardo De Gennaro e Giancarlo Liviano D’Arcangelo; la parola filmata, momento di approfondimento sugli scenari aperti dalla cinematografia, con la proiezione del documentario “Le cose belle”; parole migranti con un nuovo Padre nostro che, tra musica e poesia, conduce ad un discorso “alternativo” sulla migrazione; una parola che viene consegnata alle nuove generazioni come un ideale testimone, tanto che ad essi sono
dedicati alcuni incontri specifici con intellettuali del calibro di Antonio Leotti, Andrea Gentile e Agostino Ferrente.
La manifestazione si chiuderà sabato 2 ottobre con la straordinaria partecipazione di suor Teresa Forcades, teologa di fama mondiale, che ha deciso di accettare l’invito a tenere una lectio magistralis dal titolo “La parola creatrice” che faccia da suggello al Festival, riconoscendone con la sua presenza l’alto valore culturale e sociale.
IL POSTO DELLE PAROLE
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