POCKET GOSPEL. Mercoledì della VI settimana del Tempo di Pasqua
May 3, 2016 ·
14m 25s
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Dal Vangelo secondo Giovanni 16,12-15. "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli...
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Dal Vangelo secondo Giovanni 16,12-15.
"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà".
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IL PESO DELLA VERITA'
La Verità "pesa". La conoscenza della verità, infatti, spesso è un peso difficile da portare, anche perché oggi è considerata un deragliamento verso il fondamentalismo intollerante che attenta alla libertà altrui: "La non verità, il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità. Non è la verità a liberarlo, anzi egli dovrebbe piuttosto esserne liberato. L’uomo sta a suo agio più nelle tenebre che nella luce; la fede non è un bel dono del buon Dio, ma piuttosto una maledizione. Stando così le cose, come dalla fede potrebbe provenire gioia? Chi potrebbe avere addirittura il coraggio di trasmettere la fede ad altri? Essa sembra essere piuttosto il guscio della soggettività, in cui l’uomo può sfuggire alla realtà e nascondersi ad essa." (Joseph Ratzinger).
Occorre vivere secondo coscienza, ci viene ripetuto. Scriveva J.G.Fichte: “La coscienza non erra mai e non può mai errare”, poiché è “essa stessa giudice di ogni convinzione, non conosce alcun giudice sopra di sé”. La coscienza decide in ultima istanza, ed è per natura inappellabile: "dal momento che i giudizi di coscienza si contraddicono, ci sarebbe dunque solo una verità del soggetto, che si ridurrebbe alla sua sincerità... la coscienza è l’istanza che ci dispensa dalla verità e si trasforma nella giustificazione della soggettività, che non si lascia più mettere in questione, così come nella giustificazione del conformismo sociale, che, come minimo denominatore comune tra le diverse soggettività, ha il compito di rendere possibile la vita nella società" (J. Ratzinger).
Si tratta anche della nostra esperienza, la superficialità del "carpe diem", del cogliere l'attimo, rinunciando alla possibilità di conoscere la verità. La "dittatura della coscienza", lungi dall'aver liberato l'uomo, lo costringe a nuove e più schiavizzanti catalogazioni, alla sottomissione a marchi ideologici indelebili. Li vedete i nostri figli? E il pensiero unico che rimbalza ovunque? Non ci "pesa" dirci cristiani, con parole e gesti? L'ambiente circostante, infatti, prima ti assorbe e poi si trasforma in uno spietato aguzzino che esige la coerenza del proprio status, pena il rifiuto, l'esclusione e l'espulsione.
Quando si cade - fumando una sigaretta o mangiandoti una bistecca alla brace - infrangendo le dure regole tracciate dalla "tolleranza che non tollera" sbandamenti da quanto ha stabilito sia tollerabile, è già troppo tardi, non si hanno vie d'uscita. Di norma l'intollerabile del tollerante è Gesù Cristo e coloro che gli appartengono. La coscienza collettiva moderna tollera tutto, ma non la Croce. La tolleranza intollerante è l'abito culturale indossato dall'Anticristo, l'anti-verità: "Il Cristo col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi” (Vladimir Sergeevic Solovev). L'Anticristo aborriva “l'assoluta unicità” di Cristo: "Egli è uno dei tanti; o meglio è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all’uomo d’oggi". E non accettava che Cristo fosse vivo: “Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto. È marcito, è marcito nel sepolcro...”. La "coscienza tollerante" moderna parte da qui: Cristo è marcito nel sepolcro, e con Lui ogni pretesa di verità. Per questo essa diviene un peso difficile da portare e l'uomo, nella sua debolezza, preferisce disfarsene.
Ma non è così! La verità non è marcita nel sepolcro! Lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori ce la svela compiendola, perché Egli insegna difendendo, perdonando. La verità tutta intera è essenzialmente perdono, quello che il mondo non conosce, la salvezza che l'Anticristo, il padre della menzogna, vuole sottrarre all'umanità. In ebraico la parola verità è 'emet, derivato dalla stessa radice da cui la parola fede. La radice 'mn ha il significato fondamentale di sicuro, attendibile, capace di portare un peso. In questa luce si comprendono le parole di Gesù: è la stessa verità che porta il suo stesso peso. E' la verità che, svelandosi, porta la sua drammatica e liberante oggettività. In altre parole significa che mentre il peccato è smascherato appare simultaneamente il perdono capace di distruggerlo e di consegnare la possibilità di una vita nuova.
Quando nella Chiesa incontriamo il Signore, quando Egli prende dimora in noi attraverso il suo Spirito, si svela anche tutto ciò che non gli appartiene, come quando si accende la luce in una stanza. Ma in quella stanza piena di disordine, polvere e spazzatura che è la nostra vita c'è anche Lui con il suo perdono. Apparendo accanto a Cristo e come suo nemico, il peccato si manifesta allora come il nostro stesso nemico; da esso lo Spirito Santo ci difende, come ha difeso il Signore nel Getsemani e sulla Croce.
Per questo la "verità tutta intera" alla quale conduce lo Spirito Santo è capace di liberare davvero strappandoci dalla menzogna che ci tiene schiavi perché, rivelando la Verità, la estirpa alla radice. Scriveva Sant'Agostino che "Non c’è vera confessione dei peccati che non sia lode di Dio, non c’è vera lode di Dio che non sia anche confessione dei peccati. "Non si ha nessuna pia e salutare confessione dei peccati se non si rende lode a Dio con il cuore, o anche con la bocca e la parola" (S. Agostino). Nella confessione dei propri peccati l'uomo può dar gloria a Dio, può portare "il peso" (significato del termine "gloria") della Verità perché ne diviene partecipe per aver ricevuto lo Spirito Santo. Confessare i peccati, infatti, è testimoniare il suo amore, il "mio" di Gesù che lo Spirito "prende" da Lui per annunciarlo ai suoi discepoli e a ciascuno di noi. Così, attraverso la predicazione della Chiesa, il Paraclito ci difende e consola annunciandoci e compiendo in noi "quanto è proprio del Padre", ovvero il suo perdono rigenerante rivelato nel Figlio.
Che meraviglia! Sai quali sono le "cose future" che lo Spirito vuole annunciarti? Che in ogni istante Dio ti ama e fa di te un figlio unico e irripetibile, nonostante le debolezze e contraddizioni: "Proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo." (J. Ratzinger).
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"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà".
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IL PESO DELLA VERITA'
La Verità "pesa". La conoscenza della verità, infatti, spesso è un peso difficile da portare, anche perché oggi è considerata un deragliamento verso il fondamentalismo intollerante che attenta alla libertà altrui: "La non verità, il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità. Non è la verità a liberarlo, anzi egli dovrebbe piuttosto esserne liberato. L’uomo sta a suo agio più nelle tenebre che nella luce; la fede non è un bel dono del buon Dio, ma piuttosto una maledizione. Stando così le cose, come dalla fede potrebbe provenire gioia? Chi potrebbe avere addirittura il coraggio di trasmettere la fede ad altri? Essa sembra essere piuttosto il guscio della soggettività, in cui l’uomo può sfuggire alla realtà e nascondersi ad essa." (Joseph Ratzinger).
Occorre vivere secondo coscienza, ci viene ripetuto. Scriveva J.G.Fichte: “La coscienza non erra mai e non può mai errare”, poiché è “essa stessa giudice di ogni convinzione, non conosce alcun giudice sopra di sé”. La coscienza decide in ultima istanza, ed è per natura inappellabile: "dal momento che i giudizi di coscienza si contraddicono, ci sarebbe dunque solo una verità del soggetto, che si ridurrebbe alla sua sincerità... la coscienza è l’istanza che ci dispensa dalla verità e si trasforma nella giustificazione della soggettività, che non si lascia più mettere in questione, così come nella giustificazione del conformismo sociale, che, come minimo denominatore comune tra le diverse soggettività, ha il compito di rendere possibile la vita nella società" (J. Ratzinger).
Si tratta anche della nostra esperienza, la superficialità del "carpe diem", del cogliere l'attimo, rinunciando alla possibilità di conoscere la verità. La "dittatura della coscienza", lungi dall'aver liberato l'uomo, lo costringe a nuove e più schiavizzanti catalogazioni, alla sottomissione a marchi ideologici indelebili. Li vedete i nostri figli? E il pensiero unico che rimbalza ovunque? Non ci "pesa" dirci cristiani, con parole e gesti? L'ambiente circostante, infatti, prima ti assorbe e poi si trasforma in uno spietato aguzzino che esige la coerenza del proprio status, pena il rifiuto, l'esclusione e l'espulsione.
Quando si cade - fumando una sigaretta o mangiandoti una bistecca alla brace - infrangendo le dure regole tracciate dalla "tolleranza che non tollera" sbandamenti da quanto ha stabilito sia tollerabile, è già troppo tardi, non si hanno vie d'uscita. Di norma l'intollerabile del tollerante è Gesù Cristo e coloro che gli appartengono. La coscienza collettiva moderna tollera tutto, ma non la Croce. La tolleranza intollerante è l'abito culturale indossato dall'Anticristo, l'anti-verità: "Il Cristo col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi” (Vladimir Sergeevic Solovev). L'Anticristo aborriva “l'assoluta unicità” di Cristo: "Egli è uno dei tanti; o meglio è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all’uomo d’oggi". E non accettava che Cristo fosse vivo: “Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto. È marcito, è marcito nel sepolcro...”. La "coscienza tollerante" moderna parte da qui: Cristo è marcito nel sepolcro, e con Lui ogni pretesa di verità. Per questo essa diviene un peso difficile da portare e l'uomo, nella sua debolezza, preferisce disfarsene.
Ma non è così! La verità non è marcita nel sepolcro! Lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori ce la svela compiendola, perché Egli insegna difendendo, perdonando. La verità tutta intera è essenzialmente perdono, quello che il mondo non conosce, la salvezza che l'Anticristo, il padre della menzogna, vuole sottrarre all'umanità. In ebraico la parola verità è 'emet, derivato dalla stessa radice da cui la parola fede. La radice 'mn ha il significato fondamentale di sicuro, attendibile, capace di portare un peso. In questa luce si comprendono le parole di Gesù: è la stessa verità che porta il suo stesso peso. E' la verità che, svelandosi, porta la sua drammatica e liberante oggettività. In altre parole significa che mentre il peccato è smascherato appare simultaneamente il perdono capace di distruggerlo e di consegnare la possibilità di una vita nuova.
Quando nella Chiesa incontriamo il Signore, quando Egli prende dimora in noi attraverso il suo Spirito, si svela anche tutto ciò che non gli appartiene, come quando si accende la luce in una stanza. Ma in quella stanza piena di disordine, polvere e spazzatura che è la nostra vita c'è anche Lui con il suo perdono. Apparendo accanto a Cristo e come suo nemico, il peccato si manifesta allora come il nostro stesso nemico; da esso lo Spirito Santo ci difende, come ha difeso il Signore nel Getsemani e sulla Croce.
Per questo la "verità tutta intera" alla quale conduce lo Spirito Santo è capace di liberare davvero strappandoci dalla menzogna che ci tiene schiavi perché, rivelando la Verità, la estirpa alla radice. Scriveva Sant'Agostino che "Non c’è vera confessione dei peccati che non sia lode di Dio, non c’è vera lode di Dio che non sia anche confessione dei peccati. "Non si ha nessuna pia e salutare confessione dei peccati se non si rende lode a Dio con il cuore, o anche con la bocca e la parola" (S. Agostino). Nella confessione dei propri peccati l'uomo può dar gloria a Dio, può portare "il peso" (significato del termine "gloria") della Verità perché ne diviene partecipe per aver ricevuto lo Spirito Santo. Confessare i peccati, infatti, è testimoniare il suo amore, il "mio" di Gesù che lo Spirito "prende" da Lui per annunciarlo ai suoi discepoli e a ciascuno di noi. Così, attraverso la predicazione della Chiesa, il Paraclito ci difende e consola annunciandoci e compiendo in noi "quanto è proprio del Padre", ovvero il suo perdono rigenerante rivelato nel Figlio.
Che meraviglia! Sai quali sono le "cose future" che lo Spirito vuole annunciarti? Che in ogni istante Dio ti ama e fa di te un figlio unico e irripetibile, nonostante le debolezze e contraddizioni: "Proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo." (J. Ratzinger).
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