11 JUL 2020 · In questa diretta settimanale, come di consueto, abbiamo parlato di un grande personaggio, che ha dato un meraviglioso contributo alla comunità magica con il suo testo “Magic and Shomanship”. Ovviamente stiamo parlando di Henning Nelms, raccontato questo giovedì da Vince.
Nato il 30 novembre del 1900 a Baltimora, è stato un grandissimo scrittore (scrisse “L’orlo dell’abisso”, con lo pseudonimo di “Hake Talbot”, giudicato come secondo miglior libro sull’enigma della stanza chiusa), un prestigiatore amatoriale, un avvocato, un docente universitario e un grandissimo appassionato di teatro.
Dopo aver conseguito la sua laurea in legge e un master in Belle Arti lavorò come avvocato e editore, regista teatrale e insegnante nel dipartimento di drammaturgia del Middlebury College.
Nel secondo dopoguerra, si dedicò appassionatamente alla prestigiazione, scrivendo appunto il meraviglioso libro “Magic and Shomanship: a handbook for conjurers”. Entra anche a far parte della “Society of American Magicians” e della “International Brotherhood of Magicians”
Con Vince abbiamo analizzato a lungo la sua opera (che tratta con importanza la vera e propria “cornice” di un effetto magico), notando quali parti sono davvero degne di attenzione da noi prestigiatori. Il libro contiene numerose teorie dell’autore, alcune già sentite ma che, ovviamente, Nelms tratta con grande importanza approfondisce molto bene. Parlando appunto di temi e di molti esempi (che Nelms usa tantissimo per far immedesimare maggiormente il lettore) abbiamo citato il leggendario gioco del “Bullet Catch”, che ci ha permesso di parlare della grande differenza tra: “Trick and Illusion”. Il trucco, secondo Henning, è definito tale quando manca di tutta la componente dell’atmosfera dell’impossibile, della magia. Un effetto fatto così, senza un minimo di presentazione, di logicità, crea solo uno stupore temporaneo, ma analizzandolo a fondo una domanda continuerebbe a tormentare il povero pubblico, che continuerebbe a chiedersi: “E quindi?” “Perché?”. Infatti, la sua idea vuole che un trucco si trasformi in pura e vera illusione quando dietro c’è una motivazione, un perché? E molte volte una grande illusione nasce da un problema. Nel libro, è citato un bell’esempio molto semplice che ci fa comprendere al meglio ciò che Henning vuole esprimere.
Se un prestigiatore fa apparire un panino dal nulla… WOW! È sicuramente un trucco grandioso, ma nasce dal nulla, appunto. Il vero miracolo, la vera illusione si presenta quando il mago produce un panino in modo magico quando il pubblico ha fame, quando lui ha fame. Ha risolto così un problema presentatosi.
Un’altra differenza che Nelms esprime con grande chiarezza è quella tra il concetto di “Decepting e Convincing” (ingannevole e convincente). L’ingannevole, infatti, si verifica quando il pubblico non capisce il “trucco” e quindi siamo di fronte a un livello basso di intrattenimento. La cosa più importante, invece, è essere convincenti, convincere gli spettatori che ciò che eseguiamo è reale e credibile (comportandosi come se davvero avessimo ciò di cui si sta parlando come, per esempio, un potere). Collegandosi al tema del “convincente”, Henning parla anche dei problemi di etica legati a ciò (es. quando si fa credere ai bambini di essere veri stregoni) e quindi lui raccomanda che, per quanto forte, la convinzione deve essere comunque temporanea, un po’ come il teatro. Secondo l’autore, l’impatto del teatro è più forte di quello di un effetto, dato che si presenta la sospensione dell’incredulità (abbiamo anche discusse sul fatto che ciò presenti analogie con la pratica dell’ipnosi).
Abbiamo poi citato anche alcuni aneddoti riguardanti le competenze. Cosa importantissima è sapere di ciò di cui si parla, avere almeno un’infarinatura del nostro argomento, per non trovarci a parlare di aria fritta e essere smentiti e presi in giro da chi davvero ha studiato più dell’ignorante che si esibisce.
Citando anche l’effetto di Nelms della “corda tagliata e ricostruita”, abbiamo approfondito la teoria del libro che prosegue con, molto probabilmente, la parte più importante, i 9 punti della costruzione di un’illusione, di un buon effetto magico:
1.Catturare l’attenzione sul contesto, sull’argomento di cui parliamo, sulla presentazione.
2.Introduzione, il momento dove tiriamo fuori e contestualizziamo l’oggetto e l’attrezzo tramite il quale faremo l’illusione.
3.Spiegazione e scelta del tema.
4.Azione, la vera e propria esecuzione tecnica e non dell’effetto.
5.Fasi Preliminari
6.Istruzioni
7.Azione
8.Climax, il massimo momento di tensione e attenzione per ciò che sta succedendo.
9.Fine, ovvero il tempo che intercorre tra la fine del gioco e l’inizio dell’argomento successivo. Ciò può avere effetti positivi o deleteri, dovuti alla durata di questo punto. Nelms disegna anche dei grafici di interesse e, ovviamente quando la curva va verso l’alto la nostra esibizione è intrattenente, altrimenti è l’esatto contrario. Ovviamente, tra di noi si è anche discusso del dovuto bilanciamento di questo, dato dal fatto che le “regole” sono fin troppo precise.
Parlando appunto di interesse, abbiamo anche parlato dell’evitare la monotonia, del gran finale, di come attirare l’interesse (aggiungendo, per esempi, movimenti, colori e aumentando il ritmo), di come controllare l’attenzione (mantenendola alta quando è necessario e rilassandola per far prendere fiato quando serve).
Inoltre, citando l’attore Davide Calabrese, abbiamo parlato di un suo pensiero, ovvero il fatto che sia impossibile mantenere tutta l’energia per la completa durata dell’esibizione ed è quindi meglio iniziare con il 100% dell’energia.
Ricordandoci nuovamente dell’effetto della “corda tagliata e ricostruita”, non abbiamo tralasciato il processo di studio di un effetto, dell’adattamento di questo al personaggio, eliminando le discrepanze e le insensatezze.
Abbiamo infine discusso della concezione di Nelms della “Misdirection” e della “Direction”, idee abbastanza vicine a quelle del grande Tommy Wonder, dei punti di interesse automatici (es. il prestigiatore e il nuovo oggetto…), della gestione degli imprevisti e degli spettatori (assegnandoli un reale ruolo importante).
Sostanzialmente, questo grande libro deve essere studiato e studiato, per capire che sicuramente “è meglio un effetto adattato a 100 situazioni che 100 effetti adattati a una sola situazione”
Che dire di più? Mettetevi comodi e #vergognatevi